RENZI CONTABILIZZA NEL PIL ANCHE DROGA E PROSTITUZIONE
Come vediamo, Renzi partecipa alla Grandiosa Truffa contabilizzando nel Pil proprio i fondi neri. Invece di combatterli li sdogana
COME FOSSERO QUANTIFICABILI!!!
COME FOSSERO DENUNCIABILI !!!!!
COME SE FOSSERO TASSABILI!!!!!
Ma si può vedere una stronzaggine maggiore??????
Abbiamo lo sdoganamento dei capitali criminali!!! La loro legalizzazione finanziaria!
Ora ci manca anche che faccia l’apologia del crimine!!!
Chissà Riina come gode!!
A questo punto di bassezza non ci era arrivato mai nessuno!
...
Dal 2007 al 2014 il Debito Pubblico Italiano, ha avuto il seguente andamento:
1.602.115
1.666.603
1.769.254
1.851.252
1.907.392
1.988.658
2.041.293
2.168.400
Come si può vedere facilmente, in 7 anni il debito pubblico è aumentato di 552 miliardi, pari al 35,346%. Il resto è fuffa.
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Blog di Viviana Vivarelli
«In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito.» (Fontamara – Secondo Tranquilli)
masada.web
ITALIA IN COLLASSO
Renzi partecipa alla Grandiosa Truffa, ora ci manca anche che faccia l’apologia del crimine!!!
le forze peggiori del Paese si raccoglieranno in massa compatta per cercare di bloccare il progresso che avanza
Viviana Vivarelli :
EVOLVERE
Sapete quali sono i veri movimenti evolutivi della storia?
Quelli che, nel marasma comune e nei tempi di maggiore crisi, raccolgono in un unicum le spinte di pensiero nuovo che si determinano qua e là, come reazione della collettività ai guai e ai vizi che la fanno soffrire.
E i veri precursori sono coloro che questa rinascita comune la incarnano e la rappresentano visibilmente. Essi sono gli antesignani e gli apripista. Quelli che aprono la strada nella selva buia a tutti gli uomini di buona volontà.
Essi sono le figure su cui si appuntano i desideri di molti e che possono portare al meglio il futuro di tutti.
E’ fisiologico, è sempre successo nella storia, che non saranno capiti da chi ancora è attaccato al vecchio, da chi stenta ad aprirsi a idee nuove, dai parassiti mentali, dagli opportunisti.
Ed è ovvio che saranno attaccati dalle forze conservative o regressive della comunità che vedono nel mutamento in avanti solo la propria distruzione.
E’ storicamente provato che le forze peggiori del Paese si raccoglieranno in massa compatta per cercare di bloccare il progresso che avanza e che nasce come desiderio universale.
E’ anche possibile che i precursori, nella loro vita, debbano soffrire, oltre agli attacchi e agli insulti, la delusione e vedere temporaneamente frustrate le loro speranze. E’ quasi certo che dovranno conoscere la sconfitta e che conosceranno il sapore amaro dell’abbandono.
E’ successo a tutti, a Gandhi come a Mandela.
Ma, se i capostipiti rappresentano il futuro, se sono la voce che parla per conto del mutamento e delle aspirazioni di tanti, ci sarà evoluzione infine e anche le parti meno evolute della collettività godranno dei benefici che il cambiamento in meglio porterà a tutti
E quel cambiamento si chiama autonomia, si chiama indipendenza, si chiama libertà, si chiama democrazia.
E non è poi così impossibile che, prima o poi, lo vedano tutti.
IL POTERE PER IL POTERE
Ormai sono sparite le ideologie, i valori, i principi, la sopravveste delicata con cui gli ambiziosi mascherano la loro ingordigia per mostrarsi meglio di come sono. Resta solo la lotta del potere per il potere. E di questa lotta Renzi e Berlusconi sono gli esempi più spregevoli e accaniti. Uno è giovane e bellicoso, l’altro talmente vecchio e mummificato che dovrebbe solo andarsene e resta in piedi solo grazie al puntello del potere, offertogli da Renzi e dal Pd, perché non c’è elisir di lunga vita migliore del potere.
Il potere intossica chi lo usa come una droga e oggi siano arrivati a quantità di overdose da paura.
Il Presidente Leone, che è stato uno dei peggiori presidenti della Repubblica italiana, ovviamente dopo Napolitano, diceva: “Cummannà è meglio che fottere”.
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Il lupo trovò l’agnello alla sua mensa.
E subito lo accusò di volerlo mangiare.
Così Napolitano accusa il Movimento di autoritarismo.
Così fanno i malvagi che proiettano sugli altri come intenzione quello che loro fanno come occupazione.
le forze peggiori del Paese si raccoglieranno in massa compatta per cercare di bloccare il progresso che avanza
il catalizzatore
noi italiani siamo una chimica mooolto leeenta, avremmo bisogno di un catalizzatore cioè un reagente che accelerasse le nostre reazioni e soprattutto le incanalasse in una direzione per uscire da questo stato di apatia.
Io per quanto frequenti poco la società, frequentando campagne e giardini, mi sono accorto che moltissime persone aspettano un messia cioè qualcuno che risolva tutto.
Come spiegare che tutto dipende da loro cioè da noi stessi, come far capire a queste persone che hanno la scimmia (termine usato per i drogati), che sono drogati, affabulati, disinformati dalla televisione? IO, devo ammetterlo che non è facile risolvere certi problemi,
sicuramente lo è per chi questi problemi non sa o non vuole riconoscere di averli.
Allora perchè non istituire gruppi di incontro per 'teledipendenti anonimi' proponendo alternative a quello strumento micidiale che è la televisione.
Sono sicuro che TUTTI potremmo uscire da quel tunnel, riappropriarci della nostra vita, della nostra società e del nostro mondo, riuscendo a dare importanza alle cose importanti e vitali di ognuno di noi, senza perdere l'occasione della vita, Vivere e non guardare altri che lo fanno al nostro posto,
sicuramente ci saranno dei problemi ma sarà questo che differenzierà le scimmie dagli uomini.
ps: la televisione,strumento del potere corrotto quindi malato, genera un'infinità di unità,
la società che è (o dovrebbe essere) matematica ( guarda caso non c'è il nobel della matematica! )allo stato brado dovrebbe essere un insieme funzionale ed armonico al sistema,
sarà per questo che stanno nascendo tutte 'ste primavere pilotate?
il lavoro è l'arte di vivere
voce del verbo articolo uno della costituzione dei cittadini italiani
questa repubblica è fondata sul lavoro
nè su: pubblicità, mafia, religione, spreco
ma continuano a chiamarla politica, io la chiamerei solitudine con molti servi che hanno rinunciato a se stessi.
la trattativa del '92 è servita per spostare l'attenzione stragista di cosa nostra dai politici ai magistrati ...
ecco perchè questieminentipersonaggi delle istituzioni hanno paura che si parli di ciò (vedi intercettazioni ), praticamente sono i mandanti.
Trattativa Stato-mafia, il ritorno del «depistatore»
la trattativa del '92 è servita per spostare l'attenzione stragista di cosa nostra dai politici ai magistrati ...
la mafia è silente ...
... quindi per i mafiosi questo governo è veramente...
se i politicanti sono i camerieri dei banchieri come diceva Pound
i mafiosi sono i servi dei politicanti
sempre deiezioni sono.
italiamarcia vs Italia che marcia
istituzioni che rappresentano solo più i rappresentanti e non le Istituzioni stesse,
i cittadini ormai addomesticati da questi aspetti subdoli del potere: televisione, informazione e mafia poi viene la banca.
il cittadino è circondato da questa aria marcia che gli sta entrando anche nella pelle ( nel cervello è da tempo un 'ospite' indesiderato ).
se la maggioranza delle televisioni e dell'informazione dice una cosa, questa diventa realtà a discapito della realtà stessa
e il delinquente, ex-galeotto o incapace diventa politico ( politicante! )
quanti anni serviranno per non sentire più questa aria ¿
l'importante è provare e cambiare una via
e riconoscere un drogato di televisione, come un mediocre come tutti i drogati, è un altro passo
l’Italia berlusconiana sprofonda nella mediocrità
Il regno corrotto dell’imperatore Silvio [The New York Review of Books]
Nel corso dell’ultimo anno, la vita politica italiana ha finito per assomigliare ad uno strano incrocio tra una telenovela messicana e una descrizione svetoniana degli eccessi imperiali dei Cesari. Inizialmente ci sono state le rivelazioni sul particolare rapporto tra il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e Noemi Letizia, una ragazza adolescente di Napoli che lo chiamava “Papi”, suscitando speculazioni sul fatto che fosse una figlia illegittima oppure un’amante minorenne. “Vorrei che fosse sua figlia!” Ha commentato Veronica Lario, moglie di Berlusconi; quest’ultima ha chiesto pubblicamente il divorzio, dichiarando di non poter più restare con un uomo che “frequentava minorenni” e “non stava bene”.
Sono seguite le fotografie dei festini con ragazze in topless e politici senza mutande presso la villa del piacere di Berlusconi in Sardegna, che richiamavano immagini di Tiberio a Capri. Infine, c’è stato il caso delle escort che partecipavano alle feste di Berlusconi al palazzo presidenziale di Roma; molte di loro erano pagate da un uomo d’affari del sud Italia interessato ad ottenere appalti dal governo per la sua azienda di forniture ospedaliere.
Il comportamento bizzarro di Berlusconi ha continuato a riversarsi sui rapporti internazionali, causando una serie di episodi imbarazzanti. Apparentemente geloso del potere della fama di Barack Obama, ha definito il neoeletto presidente americano “alto, bello e abbronzato” e in seguito, spiegando perché non sarebbe stato presente all’insediamento di Obama, ha dichiarato di essere una stella, “non una comparsa”. Dopo aver incontrato Michelle Obama, ha notato che anche lei era abbronzata.
Allo stesso tempo, come un altro spettacolo di questo circo, c’erano i continui problemi legali di Berlusconi, una saga in atto da sedici anni che ha lasciato una lunga scia di prove di corruzione, mazzette e rapporti con la criminalità organizzata. Lo scorso ottobre, la più alta corte italiana ha respinto una legge, proposta dallo stesso Berlusconi, che gli avrebbe garantito l’immunità giudiziaria durante la sua carica. Ciò ha significato che si è ritrovato ancora una volta imputato in un processo in cui il suo ex avvocato inglese, David Mills, era già stato condannato per aver preso una bustarella di 600.000 dollari dall’azienda di Berlusconi per evitare che fosse fatto il nome di quest’ultimo in un’altra serie di indagini di corruzione.
I critici di Berlusconi hanno chiesto le sue dimissioni e, grazie ad Internet, hanno organizzato una protesta di massa a Roma il 5 dicembre chiamata “No Berlusconi Day” che, nonostante l’evidente assenza dei maggiori partiti d’opposizione, ha richiamato circa 350.000 italiani. Berlusconi ha proclamato, esagerando come al solito, che l’Italia era sull’orlo di una guerra civile. E proprio quando tutti pensavano che la situazione non potesse peggiorare, il 13 dicembre un uomo con dei precedenti di instabilità mentale l’ha colpito in viso con una riproduzione in pietra del duomo di Milano durante un comizio politico in città, spaccandogli il naso e due denti.
Nel giro di poche ore, i suoi alleati politici – Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, leader della coalizione di Berlusconi al Senato e in Parlamento – hanno organizzato una feroce offensiva, insistendo sul fatto che mentre l’assalitore del Presidente del Consiglio potesse essere uno psicolabile che agiva da solo, i responsabili “morali” dell’attacco erano i quotidiani, le riviste e i giornalisti che avevano creato un “clima di odio” intorno a Berlusconi. Il “partito dell’odio” avrebbe incluso quei giornalisti che hanno pubblicato notizie maliziose sulla sua vita privata, che hanno criticato i suoi molteplici conflitti d’interesse, che hanno scritto del caso Mills, e hanno segnalato i legami sospetti di Berlusconi con la criminalità organizzata. Tra i colpevoli vi erano anche i 350.000 manifestanti che avevano partecipato al “No Berlusconi Day” e i social network presenti su Internet, che i sostenitori di Berlusconi in Parlamento avevano cercato di regolamentare, senza successo.
Approfittando di un aumento nei consensi, Berlusconi è tornato a lavorare su una nuova legge che avrebbe eliminerebbe immediatamente i due processi in atto contro di lui – il caso Mills e un altro in cui la sua emittente televisiva, Mediaset, viene accusata di avere usato conti offshore per gonfiare i prezzi pagati per i diritti d’autore dei film, truffando così l’erario italiano per milioni di dollari che altrimenti avrebbe dovuto. Per evitare il sospetto che la legge concedesse uno status speciale a Berlusconi, è stata scritta in modo da assolvere molti altri criminali dal colletto bianco e potrebbe cancellare dagli 80.000 ai 100.000 processi. Secondo alcuni conteggi, Berlusconi ha approvato 18 leggi che sembrano essere state scritte ad personam, ma questa volta, né Berlusconi né i suoi alleati fanno alcuna pretesa che ci sia un ampio principio pubblico coinvolto. E’ il governo per e di una persona.
Un politico nella maggior parte degli altri Paesi democratici sarebbe stato annientato da uno qualsiasi di questi scandali, figuriamoci tutti quelli che si sono verificati in sequenza incessante nel giro di pochi mesi, eppure il potere di Berlusconi non è mai stato messo seriamente in discussione. Che cosa possiamo dedurre da questa strana situazione? ... Leggi tutto italiadallestero.info
la legge è uguale per tutti -1
da "I Siciliani nuovi", marzo 1994
Per quanto riguarda il denaro da riciclare in provenienza dall'Italia, (v. nostro rapporto 10.6.91), il medesimo apparterrebbe al clan di Silvio BERLUSCONI. Già si dispone del codice di chiamata (per il trasferimento di denaro dell'Italia): dovranno unicamente designare una persona di fiducia di tale gruppo.
Il nome di Berlusconi non deve impressionare più di quel tanto poiché anni fa, segnatamente ai tempi della Pizza Connection, lo stesso era fortemente indiziato di essere il capolinea dei soldi riciclati. All'epoca si interessava dell'indagine l'allora giudice Di Maggio, che era stato anche in Ticino per conferire con l'ex procuratore pubblico on. Dick Marty».
Il rapporto della polizia cantonale di Bellinzona, graziosa cittadina del Canton Ticino, è datato 13 settembre 1991, e intitolato: «aggiornamento Operazioni "ATLANTIDA" e "MATO GROSSO"». Risulta inviato al comandante della polizia cantonale Mauro Dell'Ambrogio, al Procuratore Pubblico di Lugano Carla Del Ponte e a quello di Bellinzona, Jacques Ducry. A firmarlo sono il comandante della sezione "Informazioni droga" del Canton Ticino Daniele Corazzini e il comandante della polizia di Bellinzona, Silvano Sulmoni. Questo delicatissimo documento è allegato agli atti dell'inchiesta "Mato Grosso", ferma da diversi mesi alla procura di Lugano.
A parlare per primi del presunto coinvolgimento di Silvio Berlusconi nell'inchiesta "Mato Grosso", furono i giornalisti del quotidiano svizzero "L'Altranotizia", che pubblicarono una serie di servizi tra novembre e dicembre dello scorso anno. Partendo da quella notizia, abbiamo rintracciato il rapporto della polizia di Bellinzona, con il suo sconcertante contenuto: Silvio Berlusconi - o meglio «il clan Berlusconi», come scrivono le autorità svizzere - sospettato di essere coinvolto in una grossa operazione di riciclaggio. O addirittura, come si legge nel documento, già messo sotto inchiesta in passato per la "Pizza Connection", una gigantesca indagine sugli affari di grandi boss della mafia turca e siciliana, che intrattenevano rapporti da un lato con i salotti buoni della finanza svizzera, e dall'altro con il capo della P2 Licio Gelli (vedi "Avvenimenti" del 19 gennaio 1994).
"Avvenimenti" aveva già documentato, nelle scorse settimane, i rapporti di antichissima data tra il gruppo Berlusconi, e la Fi.Mo., una finanziaria svizzera specializzata nella gestione di capitali "sporchi", e coinvolta nelle indagini sul "cartel" di Medellin; e quei rapporti erano stati confermati dalle dichiarazioni di Gianmauro Borsano, presidente del Torino Calcio, ai magistrati che indagano sull'affare Lentini. Ma prima di deciderci a scrivere di questa seconda vicenda, riguardante un candidato al governo dell'Italia, e quindi obbligato a particolari doti di trasparenza, siamo andati per molte settimane a caccia di conferme o smentite alle notizie contenute nel rapporto del 13 settembre 1991, firmato da due alti funzionari di polizia e regolarmente inviato a tutte le autorità inquirenti. Abbiamo raccolto tanto le conferme quanto le smentite. Ma prima di tirare conclusioni, bisogna raccontare una storia. L'incredibile storia di un finanziere, di un poliziotto, e di una città invisibile.
La mattina del 12 giugno 1991 pioveva sul Ticino e sul nord Italia. Il finanziere ispano-brasiliano Juan Ripoll Mari compose, da Torino, il numero di un ufficio di trasporti di Chiasso, al confine italo-svizzero. All'altro capo del filo rispose, in spagnolo, un uomo che salutò cordialmente Ripoll Mari. I due si diedero appuntamento per qualche ora dopo, nell'ufficio di Chiasso.
L'uomo di Chiasso, che Ripoll Mari conosceva come un trasportatore di pochi scrupoli, era in realtà un agente della polizia cantonale specializzato in operazioni "undercover", sotto copertura. Dal suo lavoro erano scaturite molte operazioni contro il grande riciclaggio del denaro sporco in Svizzera: dalla "Green Ice" alla "Octopus", fino alla "Lebanon Connection".
A Juan Ripoll Mari, il poliziotto si era presentato come proprietario di una agenzia di trasporti specializzata nel far passare illegalmente alla dogana italo-elvetica merci di ogni genere. L'agente infiltrato aveva mostrato con legittimo orgoglio a Ripoll Mari i suoi furgoncini con doppio fondo, e i suoi ragazzi pronti a rischiare la galera ad ogni passaggio di frontiera in cambio di un ottimo stipendio. Ripoll Mari aveva voluto incontrare molte volte il trasportatore ticinese prima di affidargli il lavoro. Alla fine aveva deciso di fidarsi, e i due erano persino diventati amici.
La fiducia era molto importante in quel lavoro, perché non era un lavoro qualunque. Ufficialmente Ripoll Mari era un grande esportatore di prodotti dal Sud America: succhi di frutta, blocchi di granito, shampoo vegetale, aragoste, frigoriferi. Possedeva una enorme villa a Rio de Janeiro, proprio sotto il Corcovado. Ed era un amico personale di Leonida Brizola, potente e chiacchierato governatore dello Stato di Rio.
Ripoll Mari, invece, era molto più che chiacchierato. Da molti mesi poliziotti di vari paesi lo tenevano d'occhio. Lo consideravano non un trafficante qualsiasi, ma un grande esperto in tecniche di riciclaggio del denaro sporco. A lui, secondo le polizie di mezza Europa, si rivolgevano tutti coloro - imprenditori, mafiosi, politici e narcotrafficanti - che avevano necessità di far uscire dai loro paesi grosse quantità di denaro di provenienza oscura: dall'evasione fiscale, alle tangenti, fino alla vendita di droga.
L'opera di infiltrazione, affidata nel dicembre del 1990 allo specialista della polizia svizzera, procedeva bene. Una sera, a Lugano, Ripoll Mari aveva parlato all'amico ticinese di un progetto gigantesco: la costruzione di una intera città, 3000 chilometri a nord di Rio de Janeiro, nel Mato Grosso. La città, aveva raccontato Ripoll Mari, si sarebbe chiamata Nova Atlantida, e sarebbe stata edificata interamente con i soldi "sporchi" di una sorta di "consorzio" tra politici brasiliani e soci europei che avevano bisogno di esportare e investire denaro di provenienza non confessabile. 3-400 milioni di dollari, per cominciare.
«Il tuo compito - aveva spiegato Ripoll Mari all'agente infiltrato - sarà quello di trasportare i soldi da Spagna, Francia e Italia in Svizzera, e di versarli su un conto corrente aperto a Lugano». Il poliziotto non aveva fatto domande, perché la discrezione era una delle qualità che Ripoll Mari apprezzava maggiormente. Ma quella stessa notte, nell'albergo in cui era alloggiato, aveva incontrato un suo collega, e gli aveva riferito parola per parola il discorso di Ripoll Mari. L'operazione era così iniziata ufficialmente. Era stato un funzionario della polizia svizzera a decidere che si sarebbe chiamata, in codice, "operazione Mato Grosso".
Ripoll Mari arrivò a Chiasso intorno alle undici del mattino, e aveva appena finito di piovere. Si infilò in un palazzo al numero 45 di Carso S. Gottardo. L'agente "undercover" gli andò incontro sulle scale, si salutarono con una robusta stretta di mano. Rimasero a parlare per diverse ore, con una sola breve pausa per il pranzo, in un ristorante poco lontano.
Ripoll Mari annunciò all'amico che l'operazione stava per partire. Pazientemente, gli spiegò quali sarebbero stati i codici da utilizzare per mettersi in contatto con i soci del "consorzio" che in Francia, Spagna e Italia gli avrebbero fornito il denaro da portare in Svizzera. Ogni volta, il trasportatore avrebbe dovuto telefonare a un numero che Ripoll Mari gli avrebbe comunicato, e pronunciare il suo nome accompagnato dalla data del giorno in corso. Le istruzioni, cambiavano leggermente da Paese in Paese. Ai francesi, l'amico di Ripoll Mari avrebbe dovuto dare il suo nome seguito da giorno, mese e anno. Agli spagnoli il nome e poi l'anno, il mese e il giorno; agli italiani, infine, giorno, mese, anno e nome. Ogni volta, gli avrebbero fornito in cambio un indirizzo a cui avrebbe dovuto recarsi per prelevare il denaro. Poche decine di milioni all'inizio, per "rodare" la struttura. Poi somme sempre più grosse.
In quella occasione, Ripoll fornì a quello che considerava un suo fidato collaboratore soltanto i numeri di telefono da contattare in Spagna. Da laggiù dovevano arrivare, secondo il finanziere brasiliano, circa 100 milioni di dollari. Un controllo, qualche giorno dopo, avrebbe appurato che quei numeri erano in uso a persone che gravitavano negli ambienti dell'Eta, l'organizzazione indipendentista basca. Ma il poliziotto dovette sforzarsi di non tradire l'emozione quando Ripoll, al ristorante, gli fece il nome dei componenti italiani del "consorzio": «In Italia - spiegò Ripoll all'amico - dovrai andare dagli uomini del clan Berlusconi». E più precisamente, aggiunse, dagli uomini di Torino del clan Berlusconi. Proprio nel capoluogo piemontese, infatti, sarebbe avvenuto il passaggio del denaro.
Nel 1991 Silvio Berlusconi non era ancora un potenziale leader politico, ma le sue tre reti televisive erano già molto seguite in Svizzera, e l'agente si rendeva conto che quel nome dava all'inchiesta uno spessore tutto particolare. Ma lui, da poliziotto, non poteva farci niente. Ma di che razza di denaro si trattava? Questo l'infiltrato non poteva chiederlo senza allarmare Ripoll, e infatti non lo fece. Gli bastava sapere che la commissione che gli sarebbe spettata, su ogni trasporto, era dell'8 per cento. Il riciclaggio di denaro - in questo a furia di fare l'infiltrato era ormai un esperto - ha un suo tariffario: il 30 per cento al "corriere" se si tratta di denaro falso; l'1,5 o il 2 per cento se il denaro è pulito, ma per qualche ragione il proprietario vuole trasferirlo da un paese all'altro senza pubblicità. L'8 per cento è invece la commissione abitualmente fissata per il trasporto di denaro sporco: ossia proveniente da traffico di droga, armi, sequestri di persona; ma forse anche da tangenti, o evasione fiscale. Denaro "nero" in generale, insomma.
Il finto trasportatore e Ripoll Mari si lasciarono nel tardo pomeriggio. Ripoll era soddisfatto, l'agente piuttosto eccitato, perché il momento dell'azione si avvicinava. La mattina dopo, contattò un colonnello della Guardia di Finanza italiana. L'alto ufficiale lavorava all'ufficio "I", una sorta di servizio informazioni delle fiamme gialle, che negli ambienti di polizia è conosciuto come il "servizio oscuro". Se il trasporto dei soldi del "clan Berlusconi" da Torino a Lugano fosse stato intercettato alla dogana di Chiasso, l'intera operazione "Mato Grosso" sarebbe saltata. Il poliziotto voleva che i colleghi italiani lasciassero passare il carico senza problemi, come già altre volte era accaduto.
Il permesso fu concesso, ma a quel punto qualcosa si bloccò: gelosie tra poliziotti, ma soprattutto la presenza di agenti corrotti nel traffico organizzato da Ripoll Mari, portò prima a un rallentamento, e poi al blocco dell'inchiesta. Tutte le carte finirono nell'archivio della Procura di Lugano, dove "Avvenimenti" le ha rintracciate.
Fin qui la storia dell'operazione "Mato Grosso". Ma il rapporto del 13 settembre 1991 fornisce un'altra fragorosa indicazione: «Il nome di Berlusconi non deve impressionare più di quel tanto - vi si legge - poiché anni fa, segnatamente ai tempi della Pizza Connection, lo stesso era fortemente indiziato di essere il capolinea dei soldi riciclati...». Mai in precedenza il nome di Berlusconi era stato affiancato alle indagini sul gigantesco riciclaggio di narcodollari tra il Sud America, l'Italia e la Svizzera, conclusasi con due processi - a Lugano e a Roma - e con una raffica di condanne. Ma c'è anche da aggiungere che il rapporto svizzero indica la Pizza Connection soltanto come riferimento temporale. E che, oltretutto, gli inquirenti svizzeri tendono a definire come "Pizza Connection" tutte le indagini sul riciclaggio che riguardino l'Italia.
Fissati questi punti fermi, abbiamo lavorato sulla traccia offerta dal rapporto della polizia di Bellinzona. Verificando che qui, a differenza che nella "operazione Mato Grosso", i contorni del presunto coinvolgimento di Berlusconi sono più sfumati e incerti. Nel rapporto vengono fatti i nomi di due magistrati «interessati» alle indagini, l'italiano Francesco Di Maggio, e lo svizzero Dick Marty. Un funzionario della polizia elvetica, che chiameremo convenzionalmente A.B., ha detto ad "Avvenimenti": «Nel 1989 Di Maggio stava lavorando insieme a un colonnello della Guardia di Finanza a una inchiesta sul casinò di Nizza, ed era inciampato su due nomi illustri, quelli di Silvio Berlusconi e di un suo amico, ex campione di motonautica, Renato Della Valle (socio di Berlusconi in "Telepiù"). La Guardia di Finanza aveva intercettato delle telefonate tra Della Valle e un certo Macolin, un torinese, in cui si parlava anche di Berlusconi. Senza informare la magistratura, un corpo di polizia italiano mise sotto controllo anche i telefoni di Silvio Berlusconi. Successivamente Di Maggio venne in Svizzera per interrogare un ticinese che già in passato aveva collaborato con le forze di polizia e che conosce bene gli ambienti finanziari elvetici e italiani».
L'incontro tra Di Maggio e il collaboratore della giustizia si svolse a Chiasso, alla presenza di Dick Marty, e fu redatto anche un verbale. Dick Marty, che ha smesso la toga e oggi fa il deputato al parlamento svizzero, dice di aver collaborato spesso con l'amico e collega Di Maggio. «Ma non ricordo questa occasione - aggiunge - e in ogni caso non potrei parlarne in ossequio al principio della segretezza delle indagini».
Anche Di Maggio - uno dei grandi esperti dell'intreccio tra mafia e alta finanza milanese - ha smesso di fare l'inquirente e oggi è vicedirettore degli istituti di prevenzione e pena. Ricorda l'indagine, partita dalle intercettazioni sulle utenze di Macolin, e conferma l'episodio del viaggio in Svizzera: «Interrogammo un testimone a Chiasso - racconta - e mettemmo a verbale le sue dichiarazioni, che poi confluirono in una indagine sui casinò». Di Maggio, però, smentisce che siano state messe a verbale circostanze riguardanti Berlusconi.
Anche il sostituto procuratore di Roma Aurelio Galasso, che condusse il troncone italiano dell'inchiesta sulla Pizza Connection, esclude che il nome di Silvio Berlusconi sia mai finito tra quello delle persone indagate. Ricorda però che, nel corso di quelle indagini, la Criminalpol di Milano gli inviò un rapporto in cui si parlava di Silvio Berlusconi e dei suoi rapporti con Vittorio Mangano, un boss della mafia palermitana trasferitosi a Milano a metà degli anni '70 ed entrato in contatto con un gruppo di "colletti bianchi", imprenditori e finanzieri milanesi particolarmente spregiudicati. Mangano, che a Milano faceva la bella vita e soggiornava al lussuoso hotel "Duca di York", rischiava il foglio di via della Questura, a causa dei suoi precedenti penali e della mancanza di un lavoro che ne giustificasse la permanenza in Lombardia. Ma trovò occupazione, fortunatamente, proprio ad Arcore, come stalliere della scuderia del cavalier Berlusconi. Il licenziamento arrivò solo nel 1980, pochi giorni prima dell'arresto per traffico di stupefacenti e altri reati.
Vecchie e nuove storie, che si intrecciano attorno all'uomo più discusso - nel bene e nel male - del momento. Una vecchia storia - la Pizza Connection - un po' vaga e nebulosa, e una nuova - il "Mato Grosso" - che ha contorni più netti, ma che si è fermata su un binario morto proprio nel momento decisivo. Ma non è detto che l'inchiesta sui capitali illegali in viaggio tra Europa e Brasile non possa riaprirsi da un momento all'altro.
A Ginevra, proprio in queste settimane, la polizia cantonale ha ripreso l'indagine dal punto in cui era stata abbandonata. E nei giorni scorsi il presidente del tribunale di Rio de Janeiro, Antonio Carlos Amorin, è venuto a Roma per incontrare alcuni colleghi italiani e lanciare un allarme: «il problema principale che abbiamo in questo momento non è il traffico di droga - ha spiegato Amorin - ma quello di denaro. Dall'Italia sta giungendo un flusso ininterrotto di denaro sporco. Viene dalla mafia, dalla grande criminalità e dalla finanza illegale. Decine e decine di miliardi di dollari che non transitano attraverso i canali ufficiali e di cui non si ha traccia presso la Banca Centrale del Brasile. Arriva nel nostro paese in mille modi, come la droga».
L'interesse di questi misteriosi esportatori di denaro, secondo Amorin, «è chiaramente politico. Si finanzia un partito politico, o suoi esponenti, per averne un ritorno economico quando questi uomini saranno al potere. Più o meno quello che è accaduto da voi. Sono convinto che per capire la nostra tangentopoli bisogna prima capire quali sono stati i personaggi principali e i sistemi occulti della vostra».
Paolo Fusi
Michele Gambino
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