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Cultura: l'unica droga che crea indipendenza. le notizie sono «fatti»... oppure «opinioni»... ?



Un uomo fa quello che è suo dovere fare,
quali che siano le conseguenze personali...

Onoratasocieta’s Blog    Lettera aperta all’On. Gianfranco Fini

Al Presidente della Camera
On. Gianfranco FINI
e p.c. a tutti i mezzi d’informazione

Pavia, 31 marzo 2009

On. Gianfranco Fini,
nella giornata di ieri ho avuto modo di leggere quanto ha espresso davanti ad alcuni giovani siciliani a Bagheria, in occasione dell’incontro con il Parlamento della Legalità. Devo dirLe che sono tante le impressioni che hanno agitato il mio animo durante la lettura delle Sue affermazioni.
Una fra le altre: il desiderio di essere lì presente ad ascoltare con le mie orecchie quanto diceva. Il desiderio di esprimerLe con le mie parole e non attraverso uno scritto come in questo momento mi accingo a fare, tutta la mia indignazione, il mio sconcerto, e l’oltraggio che ho dovuto subire io, la mia amatissima terra e la mia nazione.

Come hanno riportato numerose agenzie di stampa, Lei ha avuto l’ardimento di assicurare tutti noi che “non ci sono mafiosi alla Camera, non ci sono deputati che la difendono e non ci sono compiacenze”. Con tutto il rispetto che ho per l’Istituzione che in questo preciso momento storico Lei ha il dovere di rappresentare, mi permetto di dirLe che è la più grande ingiuria verso la stessa nazione della quale Lei per primo, insieme ai suoi colleghi deputati e senatori dovrebbe essere di esempio.
Le premetto che sono una giovane ragazza del sud, impegnata con le poche risorse a mia disposizione nella lotta alle mafie, ma Le assicuro, armata di tanta forza di volontà. Quella stessa volontà che riesce a darmi il vigore di approfondire in maniera seria e puntuale il fenomeno mafioso in tutti i suoi aspetti.
E credo fortemente nelle parole, soprattutto quelle parole pronunciate da alte cariche dello Stato, perchè sono sì importanti e reggono tutto il peso e la responsabilità che portano con sè.
Durante i miei studi di certo non mi sono sfuggiti alcuni nomi. Magari ne accennerò qualcuno tanto per farLe qualche esempio.

Dell’attuale senatore della Repubblica Italiana Giulio Andreotti, Gian Carlo Caselli scriveva giustamente, sulla Stampa del 18 ottobre 2004 che “la Cassazione, ribadendo l’assoluzione per i fatti successivi, ha confermato che fino alla primavera del 1980 l’imputato ha commesso il reato di associazione con i mafiosi dell’epoca, capeggiati da Sefano Bontate, autore di gravissimi delitti”; accusa come Lei ben saprà caduta in prescrizione e non inesistente come i nostri eminentissimi giornalisti vogliono farci apparire. Sapere che nel Senato della Repubblica Italiana abbiamo un uomo che ha sostenuto incontri prima del 1980 con mafiosi del calibro di Badalamenti e Bontate, francamente mi dà i brividi.

Non mi è sfuggito il nome dell’attuale senatore della Repubblica Italiana ...
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il popolino del liberticida in un 'Groviglio di interessi'

Berlusconi riesce sempre a cavarsela Pubblicato sabato 28 marzo 2009 in Olanda [de Volkskrant]

Sorprendente come i cittadini e i media accettino in massa le sue bugie

Da corrispondente in Italia mi sento spesso come Keanu Reeves nel film The Matrix, o Jim Carrey nel Truman Show. È una sensazione spaventosa: vivere e lavorare in una democrazia dell’Europa Occidentale che fu tra i fondatori dell’Unione Europea e fa parte di prominenti forum internazionali come il G8, e ciò nonostante sentirsi come i personaggi che lottano in angosciosi film su illusione e realtà.

Ma l’Italia di Silvio Berlusconi ne dà tutto il motivo. Quindici anni dopo l’ingresso di Berlusconi nella politica italiana, il paese si allontana sempre piú dai valori democratici essenziali.

Neo (Reeves) e Truman Burbank (Carrey) in The Matrix e The Truman Show si rendono conto che il loro intero ambiente vive secondo la sceneggiatura di un regista onnipotente. Però non vedono la loro sorpresa e preoccupazione al riguardo riflessa in alcun modo nella reazione delle persone che li circondano; tutti si comportano esattamente come se non succedesse niente di strano, o semplicemente non se ne rendono conto. Chi cerca di seguire e di capire la politica e la società in Italia inevitabilmente avrà la stessa esperienza.

Corrotto

Il raffronto si è imposto all’attenzione molto chiaramente il mese scorso. Nel pomeriggio di martedì 17 febbraio è apparsa sui siti dei principali giornali italiani una notizia dal titolo: ‘David Mills è stato corrotto’: condannato a 4 anni e sei mesi.

Riguardava una notizia esplosiva: il tribunale di Milano aveva riconosciuto l’avvocato britannico David Mills colpevole di corruzione per aver accettato 600 mila dollari da Silvio Berlusconi negli anni novanta, in cambio di rendere falsa testimonianza in due processi per corruzione istituiti contro l’imprenditore-politico. La sentenza contro Mills era altamente incriminante anche per il premier italiano dell’Italia, perchè se c’è un corrotto ci deve essere anche un corruttore.

Cose strane

Ma in Italia sono successe un paio di cose strane con questa notizia. Per iniziare diversi giornali hanno scritto la sentenza tra virgolette, come se si trattasse non di un fatto giuridico ma semplicemente di un’opinione personale da poter contestare con facilità. Ciò infatti è immediatamente successo.
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il mondo è cambiato ma l'Italia non se n'è accorta

Lawrence Lessig: "Internet libera per salvare la democrazia dalla corruzione".
Il più grande esperto mondiale di diritto di Rete all'appuntamento milanese Meet The Media Guru
Internet si sta dimostrando uno strumento di riforma della politica e della democrazia straordinario. Parola di Lawrence Lessig - il più grande esperto mondiale di diritto di rete, professore di legge ad Harvard e Stanford, scrittore, fondatore del nuovo sistema di copyright Creative Commons e collaboratore di Obama (suo ex compagno universitario e suo consigliere nella corsa alla presidenza Usa), lanciato in una campagna in favore di una politica partecipata e trasparente, per non soffocare la creatività ma favorire la democrazia e il progresso del mondo -, ieri sera ospite eccezionale a «Meet the Media Guru», l’appuntamento di Milano organizzato da Maria Grazia Mattei in collaborazione con Provincia e Camera di Commercio di Milano.

La riflessione di Lessig è di particolare attualità per l'Italia, dove il mondo della politica ha in cantiere una serie di provvedimenti che minacciano di imbrigliare la libertà della Rete (a partire dall’emendamento al pacchetto sicurezza di Giampiero D'Alia che prevede l'oscuramento completo di tutti i siti in cui ci sono "apologie di reato o istigazioni a delinquere").

Catapultato ieri in Italia dagli Usa e rientrato oltreoceano già all’alba di oggi, è stato accolto come una rock star da un pubblico informato e altamente internettiano, che evidentemente lo conosce già da tempo e lo frequenta online su Facebook e altri social networks, o direttamente sul suo blog (www.lessig.org/blog): la sala nella bella Mediateca Santa Teresa era stracolma, tanto che c’era molta gente fuori a seguire l’evento - in inglese, con traduzione simultanea in cuffia, ma ne hanno fatto uso davvero in pochi - su megaschermi. Alla fine della «lectio magistralis», un question-time fitto con tantissime domande dal pubblico in platea. Lo abbiamo intervistato.

Prof. Lessig, com'è dimagrito...
«Quando ho capito che con tutti quei chili accumulati per lo stress da lavoro associato al fast food non sarei vissuto abbastanza a lungo da vedere i miei figli all’università, ho deciso da un giorno all’altro di intraprendere una rigorosa dieta vegetariana, anzi, vegana: niente più carne, pesce, uova, latticini di alcun genere, ma nemmeno condimenti, nè pasta, riso o altri cereali raffinati. Mi nutro con ogni tipo di verdure, legumi, insalate, noci, frutta. E basta. Mi sento benissimo. E' stato Shawn Fanning, il fondatore di Napster, a consigliarmi questa dieta. Sta diventando una moda, nel mondo dei "computerari" rovinati da una vita sregolata...».

Perchè dopo 15 anni a studiare i diritti in Rete e le potenzialità del Web aperto e indipendente, ha scelto di focalizzarsi sulla proposta di una riforma della politica? Per salvare la democrazia negli Usa dalla corruzione dilagante, ok: ma qual è il nesso?
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chi detiene il potere tende ad abusarne

Crisi della politica e riforme costituzionali. Intervista al prof. Paolo Veronesi di Vito Todeschini - Megachip

Non lo si dice ufficialmente e a cifra tonda, perché il momento è, o sembra, ancora quello dell’incubazione. La covata è a mezzo. L’esito non è scritto. La Costituzione del ‘48 non è abolita. Ma è sottoposta a erosioni e svuotamenti di cui nessuno, per ora, può conoscere l’esito. Forze potenti sono all’opera per il suo superamento, ma altre forze possono mobilitarsi per la sua difesa. La Costituzione è in bilico”. Con queste parole Gustavo Zagrebelsky ci mette in guardia da ciò che, in modo latente, sta avvenendo: un attacco serrato, continuo, bipartisan alla Costituzione. Il potere sta tentando di superare quel che considera un ostacolo, e lo fa in maniera soft, cercando di convincerci a mezzo stampa e TV che sono necessarie grandi riforme costituzionali per adeguare la nostra Carta fondamentale ai tempi correnti.

Attraverso le parole di un costituzionalista, allora, vogliamo dissolvere i luoghi comuni utilizzati per colpire il tessuto di garanzie su cui poggia quella che insistiamo a chiamare democrazia.
Allo stesso tempo, però, è d’obbligo una riflessione. Se siamo arrivati a questo punto la responsabilità è anche di noi cittadini: è nostro compito, infatti, iniziare a prenderci cura della Costituzione, imparare a comprenderla e a difenderla, poiché ha un fortissimo valore etico-politico. Frutto del “velo di ignoranza”, quando ogni forza politica ha agito ponendosi nella prospettiva della minoranza, essa è costruita su un delicato gioco di diritti e garanzie, di poteri e contropoteri.
La ragione fondamentale per cui dobbiamo batterci in sua difesa è proprio questa: la Costituzione è il fronte più avanzato di resistenza contro ogni tipo di potere oppressivo.
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Informazione e politica si limitano ad ignorare

Le verità nascoste 1° parte. I magistrati oscurati: Roberto Scarpinato.

Il Dott. Roberto Scarpinato, magistrato antimafia della procura di Palermo, da qualche tempo, interviene ai convegni sulla mafia rilasciando dichiarazioni che, in un paese democratico, manderebbero in fibrillazione le redazioni giornalistiche e farebbero tremare i polsi alla politica. Niente di tutto ciò avviene nel nostro paese.

Informazione e politica si limitano ad ignorare quel magistrato e le sue affermazioni. In altre parole lo eliminano dalla scena. Stiamo parlando di un magistrato che dal 1989 al 1992 ha fatto parte del pool antimafia con Falcone e Borsellino, diventando poi componente della Direzione distrettuale antimafia e che si è occupato dei più importanti processi di mafia. Di seguito la trascrizione di una parte del discorso tenuto dal Dott. Scarpinato, nel febbraio scorso, presso la Casa della cultura di Milano:

"Le vicende che vengono fuori dalle intercettazioni ci raccontano una trasversalità, purtroppo, nella gestione di affari poco puliti e credo che non sia un caso che le intercettazioni siano diventate un punto di attacco fondamentale del sistema politico. Perchè ormai si è costruito un sistema di omertà blindato, testimoni non se ne trovano più, le poche persone che hanno osato raccontare alla magistratura i misfatti dei potenti hanno dovuto subire una via crucis che non ha risparmiato neanche i loro affetti più personali, faccio un nome per tutti Stefania Ariosto. Collaboratori non ce ne sono più, ci sono solo collaboratori che raccontano episodi di criminalità da strada. Magistrati che hanno osato fare indagini sui potenti sono sottoposti a procedimento disciplinare e trasferiti d’ufficio con procedure sommarie.

Oggi l’unico momento di visibilità del modo con cui viene esercitato il potere sono rimaste le intercettazioni: sono le macchine che ci fanno ascoltare in diretta la vera e autentica voce del potere. E quando c’è un potere che opera nell’illegalità questo è diventato l’unico tallone di Achille che consente a noi di vederlo, perchè abbiamo una opposizione inesistente, un giornalismo che purtroppo non ha più spazi nella televisione, una magistratura che viene sempre più addomesticata, l’unico momento di visibilità democratica di come funziona il potere in Italia sono appunto le intercettazioni. Ed ecco perchè la riforma delle intercettazioni deve passare, perchè da quel momento in poi noi non sapremo più quello che succede in questo paese. La magistratura sarà privata degli strumenti fondamentali. Ed il discorso sulle toghe rosse non ci sarà più perchè non ci saranno né toghe rosse né toghe nere né toghe di centro, ci sarà quell’impunità del potere di cui era consapevole il dott. Azzeccagarbugli quando Renzo Tramaglini diceva - dobbiamo agire secondo legge nei confronti di Don Rodrigo - ma che stiamo scherzando? - ecco io credo che questo è una cosa di cui siamo tutti consapevoli.
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Il video

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resistenza costituzionale

Caro Felice, cari amici di “Uguale per tutti”,

in questi giorni così difficili per me, nei quali ho maturato la scelta, davvero dura, di non esercitare più il mestiere di magistrato – per le ragioni che ho esposto già in diverse occasioni pubbliche – ho più volte pensato a quello che è accaduto in questi mesi, alla lotta per i diritti che si è praticata, alle discussioni, alle relazioni umane che si sono create e consolidate, a quello che possiamo fare – tutti insieme – per cambiare, nei prossimi anni, il Paese nel segno della Giustizia uguale per tutti e, quindi, della resistenza costituzionale.

Arrivo subito al punto, vi vorrei dire tante cose per l’affetto che ho per i frequentatori di questo luogo per me così familiare, ma forse non è il momento, non vorrei essere accusato di utilizzare il blog per fare campagna elettorale e mettervi in difficoltà.

Con questa breve missiva voglio solo comunicarvi, in due parole, che questo Blog è stato per me un costante e fondamentale punto di riferimento in questi anni durissimi, un luogo in cui ho trovato raccontati i fatti secondo verità, in cui si è realizzata l’informazione, in cui si è messo in atto un confronto culturale, in cui si è discusso liberamente, in cui si è criticato il regime ed ove si è praticato l’art. 21 della Costituzione.

Grazie per quello che avete rappresentato durante questo periodo, anche solo per il conforto morale che ho trovato nei momenti più bui, e vi esorto a non mollare mai nella lotta per i diritti ed, anzi, contribuite fattivamente, per come potete o volete, alla realizzazione di un vero tessuto democratico che, solo attraverso la partecipazione di tutti, può dare nuova e vitale linfa al nostro Paese.

Permettimi, infine, carissimo Felice, di concludere queste righe dando qui pubblicamente, con l’affetto che sai, un abbraccio particolarmente grato a te, della cui amicizia mi onoro.

Luigi de Magistris


Una lettera di Luigi de Magistris ai lettori del blog Uguale per tutti

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Lady Asl...consegnava agli uomini di Dio buste piene di contanti ...

Rapporto malasanità di Gianluca Di Feo

Le privatizzazioni della Lombardia. Gli sprechi della Sicilia. I privilegi del Vaticano nel Lazio. In un libro la radiografia del nostro sistema sanitario

Ricordate Lady Asl? La regina degli abbordaggi ai fondi della sanità, con prestazioni inventate e tangenti concrete che hanno fatto perdere ai contribuenti 80 milioni di euro? Nella leggendaria suite dello Sheraton che ospitava il suo quartiere generale, Anna Iannuzzi, Lady Asl, dava udienza sotto una bandiera con le chiavi di San Pietro. "E lei era devotissima a Sant'Antonio: ragione per la quale consegnava agli uomini di Dio buste piene di contanti da dare in beneficenza. I prelati, dai cardinali Bertone e Ruini al vescovo Apicella accettano la beneficenza e si fanno fotografare insieme a lei. Ma è la donna ad essere conscia che la vicinanza ai monsignori è un viatico per chi vuole fare affari in sanità".

C'è ancora il Papa re? Sì, a Roma esiste un regno pontificio. Che agisce per opere di bene e realizza spesso buone operazioni chirurgiche ma viene finanziato con denaro pubblico. "Tra gli stakeholder della sanità romana, il numero uno è il Vaticano. È il più grande imprenditore medico della regione e drena somme ingentissime, fuori da ogni regola, che vanno ad alimentare otto ospedali gestiti direttamente dalle strutture religiose, due policlinici universitari e una pletora di case di cura. Oltre a due istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, di cui uno di diritto internazionale: il pediatrico Bambin Gesù che è addirittura territorio del Vaticano, quindi del tutto autonomo dallo Stato italiano ancorché generosamente finanziato con la nostra fiscalità generale, e l'Idi (Istituto dermopatico dell'Immacolata)".

La prima radiografia completa della presenza pontificia nella pubblica assistenza viene presentata da Daniela Minerva nel suo libro-inchiesta 'La fiera delle Sanità': un volume che in dieci capitoli traccia la deriva del settore in Italia, dalla Lombardia delle privatizzazioni alla Campania dello sfascio, dagli infermieri calabresi a mano armata alla ... leggi tutto espresso.repubblica.it


La fiera delle sanità

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l’informazione è un veicolo diretto all’utente,
non un soliloquio del giornalista

Passione Reporter

Il giornalismo come vocazione
Il nuovo libro di Daniele Biacchessi

Per non dimenticare

Ilaria Alpi (Roma, 1961 - Mogadiscio, 1994)
Raffaele Ciriello (Venosa, 1959 - Ramallah, 2002)
Maria Grazia Cutuli (Catania, 1962 - Kabul, 2001)
Antonio Russo (Francavilla al Mare, 1960 - Tbilisi, 2000)
Enzo Baldoni (Città di Castello, 1948 - Najaf, 2004)

“Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nulla mai hanno saputo…Passarono una settimana di vacanza conclusa tragicamente…”.
Carlo Taormina, presidente della Commissione d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 7 febbraio 2006

“Dobbiamo ricordarci che l’informazione è un veicolo diretto all’utente, non un soliloquio da parte del giornalista. Bisogna tenere sempre presente che chi è dall’altra parte deve poter comprendere una realtà in cui non è presente.”
Antonio Russo, Inviato di Radio Radicale

“Ho pianto la morte di Ciriello come fosse quella di un mio collega, ma certo avrei dovuto avere maggiori attenzioni per loro, per i freelance, per i fotografi con un accredito ma senza contratto.Prima. Dopo non serve. Sa di scusa. E questo è vero, maledettamente vero.”
Ferruccio de Bortoli, direttore de “Il Sole24Ore”

“Tu vuoi sapere come fosse Maria Grazia Cutuli in quelle giornate di novembre. Potrei dirti che era felice perché stava facendo la cosa che amava di più: il mestiere di giornalista.”
Alberto Negri, inviato de “Il Sole24Ore” in Afghanistan.

fonte chiarelettere.it


Il libro

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gestione occulta del potere, una metastasi

Why Yes, parla De Magistris: "Il piano della P2 è stato realizzato" di Pietro Orsatti

«Il concetto di massoneria è addirittura riduttivo». «Le indagini mi sono state sottratte illegalmente» «Siamo davanti a una gestione occulta del potere. Non si tratta più del solo condizionamento di un singolo politico o funzionario. E’ una metastasi». Parla Luigi de Magistris

Di Pietro Orsatti e Sergio Nazzaro

Lei ha recentemente dichiarato che con le inchieste Why not e Poseidone vi siete avvicinati a una sorta di nuova P2. In continuità con quella più conosciuta, storicamente accertata?
Io penso assolutamente di sì. La continuità è evidente, del resto il “Piano di rinascita democratica” è stato in gran parte attuato, in altre parti è stato riformulato in modo più pertinente con le esigenze contemporanee. In particolare passa attraverso il condizionamento totale degli organi di controllo e dei presidi di legalità democratica che sono soprattutto la magistratura e la libera informazione.

Il controllo è in atto?
Direi di sì. L’informazione è in gran parte controllata. La magistratura è stata molto condizionata ...

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la relazione della Dna chiusa nel cassetto
del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso

In Lombardia il ponte di comando della 'ndrangheta
di Roberto Galullo

La nuova forma dello Stato è materia di polemiche politiche ma, in compenso, il federalismo criminale è già realtà. E la capitale scelta è Milano. Il giorno in cui la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo arresta 20 presunti appartenenti a due cosche che in Calabria si fanno la guerra ma in Lombardia fanno la pace in nome di affari milionari, la relazione della Dna – chiusa nel cassetto del Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso – rivela che la 'ndrangheta si sta ormai impossessando della regione.

Intere parti della Lombardia – come Buccinasco, dove decine di imprese edili sono in odore di mafia – sono ostaggio degli appetiti delle 'ndrine ma quel che sorprende nel documento consegnato a Grasso dal sostituto procuratore antimafia Vincenzo Macrì è scoprire l'asse sempre più stretto tra Milano e Brescia, dove le cosche procacciano affari anche grazie all'ingresso della mafia russa. La relazione della Dna mette a nudo una realtà che – in vista di Expo 2015 – va affrontata con realismo e fermezza: il baricentro delle decisioni strategiche non è più San Luca ma Milano dove la 'ndrangheta, ormai, è di terza generazione.

Se la politica cerca di riempire di contenuti il federalismo, la 'ndrangheta lo ha già fatto. Ha deciso che Milano è la nuova capitale dell'Italia criminale...
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'nemici della nazione e dei cittadini, ...servi che strisciano'

Stampa rinnegata di Viviana Vivarelli

Ognuno paghi le sue scelte, specie quando sono contro l’uomo!
Pagano i partiti che non hanno voluto fare opposizione o essere di sinistra. Paghera’ chi fa politica o economia, in Italia come in Europa, calpestando i diritti fondamentali dei popoli.
Pagherà la Chiesa che ha dimenticato il Vangelo e la carita’ cristiana e con questo Papa non passa giorno senza nuovi tradimenti alla sua missione di amore.
E pagheranno anche i giornali che hanno voluto tradire l’informazione e disprezzare i lettori, che hanno scelto di essere cortigiani di chi governa, piccoli prostituti mantenuti per falsificare o oscurare la verita’, sporche veline del potere non meno biasimevoli delle puttane di alto bordo, una cricca che travisa le notizie o le nasconde, che incensa i politici criminali, mafiosi o massoni, che nega spudoratamente ogni deriva della democrazia e che attacca al contrario con insulti e arroganza chi la democrazia intende salvarla, nemici della nazione e dei cittadini, che si buttano sulla pornografia, la cronaca nera, lo sport, lo spamming, la calunnia, la propaganda di guerra, la difesa della dittatura trionfante…
I giornali italiani hanno tradito l’art. 21 che fa dell’informazione e della libera espressione un diritto umano, che proclama che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo e che la stampa come il web non possono essere soggetti ad autorizzazioni e censure. Ma la stampa italiana si e’ autoimbavagliata, si e’ messa dipendenze e censure da sola, non ha mosso parola ne’ atto contro la pesante coltre di censura alla libera informazione imposta da questo Governo ma non difesa dall’altro. Ha proprio scelto di essere serva e non libera, vendendo la propria primogenitura per un piatto di lenticchie, tradendo la propria missione di essere il quarto potere dello Stato. Che potere sono diventati adesso? Quello dei servi che strisciano? E se i lettori disgustati rigettano la stampa per altri mezzi di informazione, questo e’ un risultato meritato.
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"L'indipendenza di giornali e tv e il funzionamento della democrazia"

Gli allievi della Scuola di Giornalismo di Urbino: “Discutiamo dell’indipendenza dei media”

di Federico Dell’Aquila e Matteo Finco

“La conoscenza governerà sempre sull’ignoranza. E i cittadini che intendono essere loro stessi a governarsi si devono armare con il potere che la conoscenza fornisce” (James Madison, quarto Presidente degli Stati Uniti d’America). Nella società della comunicazione, i media, realtà economiche non meno che culturali, compiono numerosi gesti: informano, intrattengono, pubblicizzano. Il giornalismo fa parte di questo mondo.
Il suo compito è raccontare in libertà e autonomia ciò che accade, testimoniare gli eventi, rendendoli accessibili a tutti, cioè pubblici. Raccontando storie, facendo circolare idee, mettendo a confronto vissuti, riproducendo il pensiero e accendendo passioni, orienta e forma l’opinione pubblica. Il giornalismo cioè, partecipa alla democrazia.
O almeno, così dovrebbe essere. Eh sì, perché oggi non è proprio così. La natura del giornalismo è minata dalla dipendenza delle testate dai poteri forti – politici, finanziari, economici –, sempre più pressante. Se l’informazione non rimane separata dai poteri, perde la sua forza, la sua efficacia, la sua credibilità.
L’agenda dimentica spesso temi importanti per la vita del Paese per far posto a polemiche politiche autoreferenziali.
È questo scenario che ha ispirato il “Progetto Einaudi-Albertini per l’indipendenza dei media”, un laboratorio permanente che verrà inaugurato a Urbino il 16 e 17 marzo con un convegno... leggi tutto articolo21.info

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nascondere il più possibile le responsabilità
e mandare a fondo chi ha tentato di ricostruire i fatti

Why Not: La classe politica contro Genchi

Il dibattito che si è svolto martedì scorso al Senato sul cosiddetto "caso Genchi" che l'attuale capo del governo Silvio Berlusconi ha definito il "più grande scandalo della Repubblica" merita assai maggior interesse di quello minimo e insignificante che gli han dato i telegiornali e i maggiori quotidiani del paese.

Anche perché il presidente del Copasir, come è noto, è un importante esponente dell'opposizione e del Partito democratico, l'onorevole Francesco Rutelli, che in quel dibattito si trova in tutto e per tutto d'accordo con i rappresentanti della maggioranza parlamentare e viene criticato, invece, da un altro pezzo dell'opposizione presente in parlamento, cioè l'Italia dei Valori. La questione è relativamente semplice.

Nel suo intervento introduttivo, l'onorevole Rutelli attacca a fondo l'attività svolta dal vicequestore in congedo e parla a torto di "molteplici strutture tecniche dello Stato spogliate di attività importanti" senza rendersi conto che non da oggi i magistrati sono spinti e autorizzati a servirsi di periti regolarmente retribuiti tutte le volte che si tratti di compiti tecnici che non sono in grado di svolgere personalmente.

.. continua nicolatranfaglia.com



'Si ha concorso esterno in associazione mafiosa quando un soggetto, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce un concreto, specifico, consapevole, volontario contributo.'
-Art.416 bis, Codice penale

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la P2 come sistema!



da micromega

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La mafia come metodo

"Mafia il contagio dilaga" 2 marzo 2009 in La Repubblica Palermo


Venerdì 27 febbraio, in un'aula della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Palermo piena di studenti e di professori ma anche di persone interessate al problema, il procuratore aggiunto della repubblica Roberto Scarpinato, il senatore del PD Giuseppe Lumia, il professore di Diritto Penale Giovanni Fiandaca e il professore di Storia Contemporanea Carlo Giuseppe Marino hanno presentato l'ultimo libro di Nicola Tranfaglia Perché la mafia ha vinto. Classi dirigenti e lotta alla mafia dall'Unità ad oggi edito dalla Utet Libreria nel 2008 e ora alla seconda edizione.

Ne è seguita una vivace discussione sulla situazione attuale e sugli aspetti più rilevanti della situazione politica ed economica attuale. Amelia Crisantina ha pubblicato due giorni dopo sulla cronaca palermitana de La Repubblica l'intervista che segue a Nicola Tranfaglia.

"Un titolo dell'ormai lontano 1991 - La mafia come metodo - è la premessa al libro di oggi: vi ritroviamo gli stessi interrogativi, sul filo di uno scoramento civile divenuto con gli anni sempre più allarmato. Le grandi questioni attorno a cui lo storico ha continuato a interrogarsi, nei quasi vent'anni che separano i due titoli, direttamente chiamano in causa i caratteri di fondo dello Stato nazionale. A partire dalle modalità della sua formazione. La conversazione con Tranfaglia prende il via dall'interrogativo su cui inciampa ogni ragazzo, non appena comincia a riflettere sui motivi dell'eterna emergenza italiana.

Perché la mafia si sviluppa in Italia, invece che negli altri Paesi europei?

Dipende dal modo in cui è avvenuta l'unificazione, soprattutto dalla storia del Mezzogiorno. Da come è stato governato il Mezzogiorno per secoli, generando delle componenti che dal Sud si sono poi diffuse in tutta la penisola.

Aveva ragione chi temeva lo "stile" meridionale?

Il Sud Ha conquistato il Nord, non c'è dubbio. Un certo modo di agire è stato trasferito al resto d'Italia

E lo Stato appena formato che ruolo aveva?

L'Italia unita ha governato il Sud come una colonia, considerandolo un paese inferiore. Si è dimostrato ai meridionali che lo Stato, come occasione di crescita civile, era assente. E che il dominio che veniva ad instaurarsi non era democratico.

Come si è presentato il mafioso per essere accettato?

Con un duplice volto, ha fatto da garante e da intermediario. La mafia militare è un aspetto eclatante del fenomeno, ma è un modo "visibile" di usare violenza. Ma i danni permanenti vengono creati dal radicarsi del metodo mafioso, adottato dai colletti bianchi per acquisire spazi di potere e che si diffonde al di fuori del suo habitat naturale.

La mafia come collante dello Stato italiano sin dal suo nascere. E' così?

La componente mafiosa è un aspetto centrale della nostra storia, anche se in genere gli storici italiani non hanno capito l'importanza di un fattore che avrebbe finito per condizionare molti altri elementi. E del resto si è studiato molto poco il carattere delle classi dirigenti italiane. Che sono state espressione di una società molto fragile, e non hanno avuto ostacoli nel comportarsi come si sono comportate.

I caratteri negativi le sembrano particolarmente presenti nella storia meridionale?

Escludo una ragione antropologica, le ragioni sono storiche. Derivano dal modo in cui si è sviluppato il potere, e dal rapporto tra classi dirigenti e popolazione. Alla fine ad affermarsi non è il modello che per comodità chiameremo europeo, legato all'osservanza delle regole. A vincere è un modello imperniato sul politico che chiede favori e, a sua volta, crea clientele.

Quindi la mafia come metodo di esercizio di potere?

Un metodo vincente, che si diffonde: la Sicilia è una regione importante nell'equilibrio del nuovo Stato unitario. Nel mio libro ho cercato di seguire le tracce di questo elemento fondamentale della storia politica italiana, a partire dall'Unità. E ho osservato il carattere di pervasività che il metodo mafioso assume nelle regioni in cui è dominante. Le tre mafie storiche dell'Italia nascono in Sicilia, Calabria e Campania: col tempo si è aggiunta la Puglia, in parte il Lazio. La Basilicata è l'ultima arrivata. Come cittadino mi chiedo se queste condizioni siano conciliabili con la nostra Costituzione, con l'idea che abbiamo della democrazia.

C'è stata l'avanzata di quella che nel 1876 Leopoldo Fianchetti chiamava "borghesia mafiosa" ?

Si, sullo sfondo della debolezza della tradizione democratica italiana. Non dimentichiamo che questa debolezza è stata una delle ragioni di fondo dell'affermazione del fascismo. Le classi dirigenti italiane hanno dimostrato una forte tendenza all'illegalità, Gramsci scriveva sul "sovversivismo" delle classi dirigenti. E una borghesia mafiosa che non ama la democrazia, né la competizione per merito.

Che cosa determina il puntuale fallimento dei movimenti antimafia?

La lotta contro le associazioni e i metodi mafiosi non è mai stata posta al centro della cultura democratica. Le lotte sono state delle reazioni, di fronte a episodi particolarmente gravi. Probabilmente non ci si è mai resi conto del potere inquinante del metodo mafioso, all'interno della vita sociale.

Un metodo che appare ben radicato. Siamo oltre il livello di guardia?

In Italia i metodi mafiosi si sono molto rafforzati negli ultimi quindici anni, penetrando le strutture dello Stato e delle istituzioni pubbliche. Oggi viviamo un momento di particolare vulnerabilità, la maggioranza di governo è percorsa da idee poco democratiche. L'esempio, il cattivo esempio viene dall'alto. L'egemonia culturale del sistema mafioso è un dato di fatto. Il metodo mafioso è arrivato in molte istituzioni, a partire dall'Università.

La lotta alla mafia viene demandata alla magistratura: ma è un compito della magistratura?

La repressione è necessaria, però non è sufficiente. Il vero problema non è legato ai singoli, e la magistratura persegue singoli reati. La vera emergenza è l'egemonia del metodo mafioso, che è terribilmente diseducativo. Come si fa a dire ai giovani di avere fiducia nelle istituzioni?

Bisogna ripartire dalla formazione delle classi dirigenti? Dall'educazione civica?

Anche dall'educazione civica. In Norvegia i ragazzini studiano educazione civica in modo intensivo, in Italia no. I risultati si vedono. Solo una lotta culturale può arginare il dilagare di un metodo: una lotta per la democrazia, che metta l'uguaglianza dei cittadini al centro della battaglia.

Le battaglie culturali sono lunghe e incerte...

Assistiamo alla costruzione pubblica di un diritto della disuguaglianza, con la depenalizzazione dei comportamenti criminali delle classi dirigenti e la criminalizzazione delle classi marginali. Solo con la consapevolezza democratica della necessità di una battaglia culturale per formare le nuove generazioni c'è la possibilità di vincere.

fonte: nicola tranfaglia .com


Perché la mafia ha vinto. Classi dirigenti e lotta alla mafia nell'Italia unita (1861-2008)

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immunità



sabinaguzzanti.it

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la mafia era prossima alla fine poi è arrivato berlusconi






la mafia sta con il potere

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Avanti Popolo


Alfa, Beta e l’ora della Verità di Dario Campolo mercoledì 4 marzo

A questo punto non c’è più tempo da perdere, la crisi è più forte di quello che ci si aspettava e questo è il momento di attaccare i colletti bianchi collusi. Sì, il momento è giusto, dobbiamo fare pulizia nel paese, persone come il nostro Premier non possono stare al timone del paese se prima non si mettono a posto con la giustizia, non c’è lodo che tenga alla giustizia. A questo punto spero che Genchi, Salvatore Borsellino e altri ancora ci tolgano da questo impiccio, sono gli unici ormai in grado di farlo ma con il nostro supporto, dobbiamo far capire all’Italia intera che il nostro paese non può affrontare questa crisi se prima non elimina tutti governanti collusi, altrimenti saranno loro a riscrivere le regole e questo non va bene.

Leggete il libro consigliato da Salvatore Borsellino "Alfa e Beta" Berlusconi e Dell’Utri per chiamarli con il loro nome e cognome per capire quanto siano immischiati e chissà quanto altro ancora che neanche ci immaginiamo, e si badi bene che Alfa e Beta non sono nomi inventati ma è la storia dell’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusati di "reato di concorso in strage per finalità terroristica e di eversione dell’ordine democratico", in pratica di essere i “mandanti esterni” delle stragi di mafia del terribile biennio ’92-’93.

E’ ora di svegliarci e farci sentire, la crisi ci divorerà e ... continua su www.agoravox.it


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Non facciamoci fregare


Come trovare i fatti nell'era della disinformazione.

Di Brooks Jackson e Jamieson Kathleen H.

Giornali e riviste, radio, tv, Internet... Veniamo bombardati ogni giorno da un'enorme quantità di informazioni: notizie, dati e statistiche, sondaggi, pubblicità, propaganda elettorale. Spesso questi messaggi sono fuorvianti, quando non si tratta di vere e proprie panzane. E i media non ci aiutano a smascherare questa disinformazione. Anzi, spesso la praticano per primi. "Non facciamoci fregare" è un piccolo manuale di autodifesa per il cittadino del XXI secolo. Prefazione di Oliviero Beha.(ibs.it)

Informazione e ... disinformazione
di Antonio Longo Pubblicato: Mar 2, 2009

Viviamo nell’era dell’informazione. In un attimo e con estrema facilità, grazie alle nuove tecnologie, riusciamo a reperire notizie riguardanti anche la parte opposta del globo. Internet, la televisione, la radio, i giornali: quotidianamente il “bombardamento” mediatico è incessante. News, statistiche, dati, opinioni, pubblicità, propaganda sono divenuti “fedeli” compagni delle nostre giornate. Ma è proprio così? O da un’analisi più approfondita del mondo della comunicazione possono ricavarsi altre valutazioni?
“Non facciamoci fregare” , edito da Garzanti, illustra metodi e meccanismi per “trovare” i fatti nell’era della disinformazione. Sembrerebbe, a prima vista, una contraddizione ma non è così.
Spesso, infatti, i messaggi che provengono dai mass media sono fuorvianti, in alcuni casi è proprio il sistema dell’informazione che non aiuta il pubblico a “smascherare” la… disinformazione.
Un piccolo manuale di autodifesa per i cittadini del XXI secolo che attraverso esempi “pratici” guida il lettore nei meandri dell’informazione, dei suoi abusi e dei suoi effetti “collaterali”. Per utilizzare con “precauzione” uno strumento che ha certamente contribuito all’evoluzione del mondo ma che con una certa frequenza cela insidie e trabocchetti.
Tratto da siciliatoday.net


Le 8 regole (+ 1) per informarsi correttamente

1. Non puoi mai essere completamente sicuro (di quello che leggi).

2. Però puoi essere abbastanza sicuro (se usi gli opportuni accorgimenti).

3. Cerca l’opinione condivisa dagli esperti.

4. Controlla le fonti primarie.

5. Impara che cosa conta, impara a contare (ovvero come leggere i dati).

6. Attento a chi parla (e perché parla).

7. Vedere non vuol sempre dire credere.

8. I controlli incrociati (ovvero come valutare l’attendibilità delle fonti).

Ultima regola: Sii scettico, non cinico.

Si esce dalla lettura di questo pamphlet/manuale di grande successo negli usa prima e in Europa poi con la sensazione di aver attraversato la jungla e di essere in una radura, prima che la jungla ricominci: in mano questo libretto, come fosse un machete. Il senso di impotenza di fronte a una vegetazione mediatica per lo più truffaldina che tenta spessissimo con successo di ingoiarti viene limato, attenuato, disboscato dal machete. Un machete fatto di storie, aneddoti distinti dai fatti, istruzioni per l’uso e soprattutto una fortissima esortazione alla consapevolezza, alla coscienza, all’autodifesa, all’indefessa ricerca dei fatti in mezzo alla foresta delle loro manipolazioni e quindi al rispetto di questi medesimi fatti.
(dalla Prefazione di Oliviero Beha)

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cupola di vigilanza rai

da:lavocedellevoci.it

ZAVOLI NOSTRI di Ferdinando Imposimato [ 05/02/2009]

Dopo la definitiva investitura di Sergio Zavoli al vertice della Commissione di vigilanza sulla Rai, ripubblichiamo l'articolo scritto da Ferdinando Imposimato a dicembre dello scorso anno, quando fu avanzata per la prima volta questa candidatura.

La scelta di Sergio Zavoli al vertice della commissione di vigilanza sulla Rai sarebbe stata l'ennesima cavolata di Walter Veltroni, ancora una volta suggestionato dal nome di prestigio, dal giornalista famoso, il quale, pero', non ha la piu' pallida idea del conflitto di interessi che mette in pericolo la nostra democrazia. In due legislature, Zavoli si e' distinto per la totale inerzia sulle questioni cruciali della liberta' di stampa e dell'inammissibile conflitto di interessi in cui versa il Presidente del Consiglio quale controllore di tutte le Tv pubbliche e private. Ci si sarebbe aspettati da lui, vissuto per anni dentro la televisione pubblica, un'iniziativa legislativa per risolvere il problema, una denunzia forte del pericolo che nasce dal controllo di tutte le reti da parte di Berlusconi. Zavoli non poteva ignorare che non esiste un'altra democrazia avanzata, come l'Italia, in cui il padrone della tivvu' commerciale nonche' primo editore del Paese possa fare attivita' politica. Zavoli, nella migliore delle ipotesi, avrebbe mantenuto una posizione di equilibrio e di non belligeranza tra maggioranza e opposizione, equivalente al sostegno di questa maggioranza.
Stupisce che nessuno degli adulatori di Zavoli abbia notato i peana del Capo del Governo per il candidato di Veltroni. Ancora una volta Berlusconi e' riuscito a seminare discordia e spaccature nell'opposizione, indebolita dallo stucchevole duello D'Alema-Veltroni che ci affligge da anni. Il dubbio che vi sia stata qualche telefonata tranquillizzante da parte di Gianni Letta per conto dell'astuto Capo del Governo sul permanere di questa situazione mediatica indecente e' fondato, considerati i tentativi di contatto del capo della maggioranza con Leoluca Orlando. Ha ragione Giancarlo Bosetti che scrive su Repubblica, in preda ad una «pulsione depressiva» per la scelta infelice di Zavoli: «I vizi che in Italia prolungano oltre le medie internazionali la percentuale dei vegliardi sono affini a quelle che mantengono in posizioni molto redditizie dirigenti e notabili di vario genere che non producono risultati proporzionali ai guadagni».
Non c'e' dubbio che l'Italia sia il Paese sia in cui contano l'anzianita', le buone relazioni, la capacita' di navigare, ma mai il merito. E parlare di dialogo in materia di Rai e' semplicemente assurdo. E' un po' come se si dicesse che lo Stato doveva dialogare con la mafia per fare cessare le stragi. Cosa che peraltro e' avvenuta, stando a molte inchieste. In questo siamo in sintonia con Antonio Di Pietro, il quale sostiene che con Berlusconi, che esalta Angelo Mangano, mafioso conclamato, non sia ammissibile il dialogo. E se Riccardo Villari evoca la sceneggiata napoletana, Zavoli ricorda i camaleonti e trasformisti all'italiana. Per essere credibile, dovrebbe dire che lui vuole essere il candidato della opposizione e non bipartisan, cioe' uno che vuole amministrare l'esistente, cioe' la dittatura mediatica del Presidente del Consiglio.
L'Italia e' nel circolo vizioso del demerito. Secondo una recente indagine della Luiss sulla classe dirigente, la politica manda in parlamento sistematicamente figure di scarsa qualita'. Il merito appare “pericoloso” per leader fragili ed ignoranti, personaggi che ignorano totalmente i valori ed i principi della nostra Costituzione. Ancora una volta la via di uscita per i piu' capaci e coraggiosi, che dovrebbero essere il naturale ricambio di una classe politica di destra e sinistra - vecchia, logora e marcia - e' quella di andarsene. I piu' deboli rischiano di imboccare la strada suicida della droga e del terrorismo. Guai a loro! Essi devono battersi per cambiare questa situazione di agonia della democrazia. Come hanno fatto e stanno facendo per difendere il diritto al sapere: senza tregua, passando alla difesa della democrazia, del lavoro e della giustizia sociale. E devono continuare a farlo con i movimenti e le associazioni.


Cuffaro succede a D’Alia alla Vigilanza Rai
Cuffaro-D'Alia, la staffetta del Sud
Vigilanza Rai, Cuffaro subentra a D'Alia

Talpe Dda, Cuffaro condannato a 5 anni
Cuffaro condannato a 5 anni per favoreggiamento ai mafiosi: «Resto al mio posto»
Mafia, Cuffaro condannato a 5 anni
"Riconosciuto che non sono colluso"
Cuffaro condannato a 5 anni. Ma non aiuto' Cosa Nostra

una molecola cancerogena

un pensiero a silvio vasa vasa totò cuffariina
il signor cuffaro ha esultato alla condanna di 5 anni (cosa di cui un cittadino onesto si vergognerebbe ) per questo motivo : è stato condannato per favoreggiamento semplice a 'cosa nostra' ossia li ha favoriti uno alla volta , non aggravato cioè tutti insieme in un sol colpo. L'autore di questo bel risultato è piero grasso (azzeccasofismi)
uno dei tanti normalizzatori stile tinebra che nel mio mondo, 'Lo Stato', sarebbe condannato per ALTO TRADIMENTO, ma nel regno dei mandanti delle stragi della nostra STORIA occultata è premiato alla DNA (vedi il primo) o al DAP (vedi il secondo).

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nel paese ... dei balocchi ...

Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi.
Karl Popper

Anarchico è colui che dopo una lunga, affannosa e disperata ricerca ha trovato sé stesso e si è posto, sdegnoso e superbo "sui margini della società" negando a qualsiasi il diritto di giudicarlo.
Renzo Novatore (da I fiori selvaggi, in Cronaca Libertaria, 1917). 

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L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Italo Calvino


Diano Marina