"CARO MARIO LA FAREMO 'STA RIVOLUZIONE'"
Questo lo striscione che guida la testa del corteo di giovani studenti a Napoli che stamattina sono scesi in piazza per protestare contro la riforma Gelmini.
WikiLeaks, l'ira di Berlusconi "Mai partecipato a festini selvaggi"
La RepubblicaIl premier: "Solo chiacchiere di funzionari di terzo grado". "Ragazze pagate per mentire". Il titolare della Farnesina Franco Frattini si scaglia contro il fondatore del sito pirata: "Vuole distruggere il mondo". Gianni Letta: "Atterriti se questi sono ...
Stragi di mafia del ’93, lo Stato non si costituisce parte civile nel processo
Assenti anche il comune di Roma e il comune di Milano. Si sono invece costituite parte civile il Comune di Firenze, la Regione Toscana e circa 30 privati cittadini. Maggiani Chelli: Nessun processo alle intenzioni, ma così si agevolano i mafiosi"
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Discesa al nord delle mafie in occasione dell'Expo 2015
Le prossime faide tra clan rivali si svolgeranno all'ombra della Madonnina e i lumbard si affiliano alle cosche
di Gian Luca Ursini
In vista dell'Expo 2015 le cosche calabresi stanno infiltrando il tessuto imprenditoriale lombardo e spostano il centro dei propri interessi all'ombra della Madonnina; tanto che i magistrati nazionali antimafia avvisano: "Milano è la nuova capitale della ‘ndrangheta e la Lombardia è diventata la quarta regione mafiosa d'Italia". Una torta così allettante, gli affari in vista al Nord, da fare pensare che la "prossima guerra di mafia si combatterà nel capoluogo lombardo", come ha previsto Paolo Pollichieni, direttore del quotidiano ‘Calabria ora', da anni attento osservatore dell'espansione imprenditoriale della ‘Ndrangheta. I capoclan lombardi sono infatti, secondo l'ultima relazione della procura antimafia, sempre più autonomi e indipendenti dalle famiglie rimaste in Calabria, tanto da preparare gli arsenali per un sempre più probabile scontro tra ‘scissionisti' (così il sostituto procuratore nazionale Roberto Pennisi) e cosche ancorate alla terra d'origine.
Obiettivo Expo.
Gli affari languono nel Meridione, per le imprese legate ai clan che negli anni hanno monopolizzato i mercati del calcestruzzo, del movimento terra e inerti, fino a essere presenti in ogni cantiere pubblico e privato in Calabria: nei prossimi anni la torta più grande verrà dalle opere legate alla grande Esposizione universale prevista a Milano nel 2015. E' il tam tam che si sta diffondendo in quella ristretta comunità di ingegneri e costruttori che si contendevano gli appalti da Caserta in giù. "Dopo aver lavorato ai macro lotti Gioia - Palmi e di recente Palmi - Villa san Giovanni dell'autostrada Salerno-Reggio - spiega un ingegnere veneto trasferitosi da un decennio - la mia ditta, emiliana, mi chiede se sono disposto a programmare i prossimi dieci anni a Milano: si apre un ufficio lì, ci saranno fin troppi appalti da gestire". L'atmosfera del colloquio è serena, incline alle rivelazioni: davanti, la vista dello Stretto si apre sul terrazzo di un ristorante di Scilla affacciato sugli scogli, mentre una brezza si incunea sulle acque tra le due terre e attenua il calore feroce della giornata sul Tirreno reggino. I clan hanno capito che non c'è più da fare affidamento sui grandi appalti in queste regioni, e così come le ditte ‘pulite' direzionano la bussola degli affari verso l'altro polo. "Qui stanno smobilitando tutti - continua l'ingegnere, sotto garanzia di anonimato - fino a febbraio mi chiedevano ancora se avevo intenzione di restare perché c'erano grosse aspettative legate al Ponte sullo Stretto, ma poi si è capito che per 5 anni soldi non ne arrivano. Sono previsti 2 anni per il progetto esecutivo, ma sappiamo tutti che ce ne vorranno più del doppio. Cantieri a breve non apriranno, quindi tutte le ditte hanno una sola preoccupazione: non rimanere indietro a Milano. E' lì che si lavorerà bene. Quelli del posto che ho visto per anni sui cantieri della Salerno- Reggio mi dicono da mesi: ci vediamo in Lombardia. Ora di salutare la Calabria, ciao vecio".
Milano, Calabria ...
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Polo Nord, di Fabio Abati e Igor Greganti - Selene edizioni.
I boss della Madunnina
Recensione di Giulio Cavalli,
tratta dal n° 49 di Left del 5 dicembre 2008
Quanta irresponsabilità politica e civile c’è dietro l’antico refrain tutto lombardo «qui da noi la mafia non esiste»? Il sindaco di Milano Letizia Moratti sente pronunciare “mafia” e risponde «allibita e preoccupata perché su Milano c’è un’aria strana di cose che francamente non appartengono, per fortuna, a questa città»; è la solita vecchia eco tranquillizzante che rimbalza, il “non vedo non sento non parlo” che tranquillizza il popolo del Campari e dell’Expo mentre la Lombardia diventa l’eldorado di un modernissimo cartello di mafie.
Nel 2005 due giovani giornalisti lombardi, Fabio Abati e Igor Greganti, decidono di unire le proprie competenze e la passione comune per l’inchiesta (quella che consuma suole, tranquillità e cervello) in un documentario su quello che lo stesso Abati definisce «il tema con la T maiuscola»: le mafie a casa loro. Nasce così La leonessa e la piovra: cinquanta minuti di testimonianze della malavita in Lombardia (con un occhio di riguardo per la zona bresciana) che costruisce, ricicla, spara e prolifera con il racket e l’usura. La stessa criminalità, la stessa puzza, lo stesso sangue ma con l’abito buono. Il video riceve una menzione al premio “Ilaria Alpi” ma i due si sentono dire che «il progetto è poco vendibile perché troppo locale». Non è una novità: la mafia senza coppola e lupara si vende poco, e mina la tranquillità della piccola borghesia lombarda.....continua
Le metropoli delle mafie
Articolo di Politica interna, pubblicato mercoledì 3 novembre 2010 in Gran Bretagna.[Financial Times]
Silvio Berlusconi potrebbe sopravvivere all’ultimo clamoroso scandalo che ha travolto la propria presidenza. Ma anche se ce la facesse, sarebbe comunque impossibile non giungere alla conclusione che il sistema di cui è presidente sta marcendo dall’interno. La cosiddetta Seconda Repubblica italiana, nata nel 1992, quando gli scandali di Tangentopoli spazzarono via una generazione di politici corrotti, diede la possibilità all’Italia di rimodellare il sistema politico affinché fosse al servizio dei cittadini, anziché dei partiti politici. Quando il governo italiano passa da una delle crisi personali di Berlusconi all’altra, è chiaro che questo esperimento lungo 18 anni è fallito.
La promessa del 1992 ha ceduto il passo alla paralisi. L’impasse dei politici italiani è da tempo il principale ostacolo al successo economico: è stata questa la ragione per cui i leader del Paese non sono riusciti a cogliere l’opportunità di una riforma economica offerta dall’adozione dell’Euro.
La paralisi ha raggiunto l’apoteosi con Berlusconi. Gli ci sono voluti cinque mesi per sostituire il Ministro per l’Industria , che si era dimesso a maggio in seguito ad uno scandalo riguardante dei beni immobili. Questo non solo scatenò l’ira delle imprese, ma congelò alcune importanti decisioni riguardanti il nucleare in Italia.
La riforma del lentissimo sistema giudiziario è stata dirottata a causa dei tentativi di Berlusconi di liberarsi dei suoi sgradevoli processi. La commistione tra interesse pubblico e privato è esattamente ciò che la catarsi post-1992 avrebbe dovuto rimuovere.
A livello internazionale, la frammentarietà della sua politica interna ha fatto sì che l’Italia venisse lasciata al margine. In concreto, il rapporto Lamassoure, che ha ridotto la rappresentanza italiana al Parlamento Europeo, fu approvato in assenza di delegati italiani, impegnati a domare l’incendio di problemi interni al Paese.
Data la sua modesta influenza a Bruxelles, l’Italia stenta a determinarne le linee politiche. L’orientamento dell’eurozona è guidato dall’asse Francia-Germania, e quello dell’Unione Europea da quelle due nazioni più il Regno Unito. Oltreoceano è la stessa storia. Barack Obama ha ancora meno tempo per l’Italia di quanto ne avesse George W. Bush, nonostante l’impegno di Roma in Afghanistan.
La frattura nella coalizione che ha permesso a Berlusconi di governare in Italia per sette degli ultimi nove anni è un’opportunità per l’Italia di muoversi verso una nuova direzione. È giunto il momento per tutti di riflettere su come rianimare la politica ormai moribonda del loro Paese. Non c’è una cura semplice per questo malessere. Ci vuole una leadership politica, che scarseggia miseramente. Questo deve cambiare. Ma la premessa per un qualsiasi rinnovamento politico è chiara: Berlusconi dev’essere rimpiazzato.
"Dimissioni? Piuttosto la guerra civile"
La Stampa - 11/nov/2010«Non mi dimetterò mai», quasi grida al telefono Berlusconi dal ventunesimo piano dell'Hotel Hyatt, e dall'altro capo del filo lo ascoltano tramite interfono tutti i gerarchi del suo partito, riuniti a 8962 chilometri di distanza. ...
la premessa per un qualsiasi rinnovamento politico è chiara: Berlusconi dev’essere rimpiazzato.
non è mai troppo tardi. L'Italia non può più permettersi le buffonate del suo playboy in campo
![]() ![]() Renzo Novatore (da I fiori selvaggi, in Cronaca Libertaria, 1917). ![]() |