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Milano-Calabria e i lumbard si affiliano alle cosche


Discesa al nord delle mafie in occasione dell'Expo 2015

Le prossime faide tra clan rivali si svolgeranno all'ombra della Madonnina e i lumbard si affiliano alle cosche
di Gian Luca Ursini

In vista dell'Expo 2015 le cosche calabresi stanno infiltrando il tessuto imprenditoriale lombardo e spostano il centro dei propri interessi all'ombra della Madonnina; tanto che i magistrati nazionali antimafia avvisano: "Milano è la nuova capitale della ‘ndrangheta e la Lombardia è diventata la quarta regione mafiosa d'Italia". Una torta così allettante, gli affari in vista al Nord, da fare pensare che la "prossima guerra di mafia si combatterà nel capoluogo lombardo", come ha previsto Paolo Pollichieni, direttore del quotidiano ‘Calabria ora', da anni attento osservatore dell'espansione imprenditoriale della ‘Ndrangheta. I capoclan lombardi sono infatti, secondo l'ultima relazione della procura antimafia, sempre più autonomi e indipendenti dalle famiglie rimaste in Calabria, tanto da preparare gli arsenali per un sempre più probabile scontro tra ‘scissionisti' (così il sostituto procuratore nazionale Roberto Pennisi) e cosche ancorate alla terra d'origine.

Obiettivo Expo.
Gli affari languono nel Meridione, per le imprese legate ai clan che negli anni hanno monopolizzato i mercati del calcestruzzo, del movimento terra e inerti, fino a essere presenti in ogni cantiere pubblico e privato in Calabria: nei prossimi anni la torta più grande verrà dalle opere legate alla grande Esposizione universale prevista a Milano nel 2015. E' il tam tam che si sta diffondendo in quella ristretta comunità di ingegneri e costruttori che si contendevano gli appalti da Caserta in giù. "Dopo aver lavorato ai macro lotti Gioia - Palmi e di recente Palmi - Villa san Giovanni dell'autostrada Salerno-Reggio - spiega un ingegnere veneto trasferitosi da un decennio - la mia ditta, emiliana, mi chiede se sono disposto a programmare i prossimi dieci anni a Milano: si apre un ufficio lì, ci saranno fin troppi appalti da gestire". L'atmosfera del colloquio è serena, incline alle rivelazioni: davanti, la vista dello Stretto si apre sul terrazzo di un ristorante di Scilla affacciato sugli scogli, mentre una brezza si incunea sulle acque tra le due terre e attenua il calore feroce della giornata sul Tirreno reggino. I clan hanno capito che non c'è più da fare affidamento sui grandi appalti in queste regioni, e così come le ditte ‘pulite' direzionano la bussola degli affari verso l'altro polo. "Qui stanno smobilitando tutti - continua l'ingegnere, sotto garanzia di anonimato - fino a febbraio mi chiedevano ancora se avevo intenzione di restare perché c'erano grosse aspettative legate al Ponte sullo Stretto, ma poi si è capito che per 5 anni soldi non ne arrivano. Sono previsti 2 anni per il progetto esecutivo, ma sappiamo tutti che ce ne vorranno più del doppio. Cantieri a breve non apriranno, quindi tutte le ditte hanno una sola preoccupazione: non rimanere indietro a Milano. E' lì che si lavorerà bene. Quelli del posto che ho visto per anni sui cantieri della Salerno- Reggio mi dicono da mesi: ci vediamo in Lombardia. Ora di salutare la Calabria, ciao vecio".

Milano, Calabria ...

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Polo Nord, di Fabio Abati e Igor Greganti - Selene edizioni.


I boss della Madunnina
Recensione di Giulio Cavalli,
tratta dal n° 49 di Left del 5 dicembre 2008

Quanta irresponsabilità politica e civile c’è dietro l’antico refrain tutto lombardo «qui da noi la mafia non esiste»? Il sindaco di Milano Letizia Moratti sente pronunciare “mafia” e risponde «allibita e preoccupata perché su Milano c’è un’aria strana di cose che francamente non appartengono, per fortuna, a questa città»; è la solita vecchia eco tranquillizzante che rimbalza, il “non vedo non sento non parlo” che tranquillizza il popolo del Campari e dell’Expo mentre la Lombardia diventa l’eldorado di un modernissimo cartello di mafie.

Nel 2005 due giovani giornalisti lombardi, Fabio Abati e Igor Greganti, decidono di unire le proprie competenze e la passione comune per l’inchiesta (quella che consuma suole, tranquillità e cervello) in un documentario su quello che lo stesso Abati definisce «il tema con la T maiuscola»: le mafie a casa loro. Nasce così La leonessa e la piovra: cinquanta minuti di testimonianze della malavita in Lombardia (con un occhio di riguardo per la zona bresciana) che costruisce, ricicla, spara e prolifera con il racket e l’usura. La stessa criminalità, la stessa puzza, lo stesso sangue ma con l’abito buono. Il video riceve una menzione al premio “Ilaria Alpi” ma i due si sentono dire che «il progetto è poco vendibile perché troppo locale». Non è una novità: la mafia senza coppola e lupara si vende poco, e mina la tranquillità della piccola borghesia lombarda.....continua

Le metropoli delle mafie

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nel paese ... dei balocchi ...

Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi.
Karl Popper

Anarchico è colui che dopo una lunga, affannosa e disperata ricerca ha trovato sé stesso e si è posto, sdegnoso e superbo "sui margini della società" negando a qualsiasi il diritto di giudicarlo.
Renzo Novatore (da I fiori selvaggi, in Cronaca Libertaria, 1917). 

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L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Italo Calvino


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