Roma – Hotel dei Congressi
Io sono indignata, sono molto indignata; e la mia indignazione nasce dal profondo rispetto che nutro per lo Stato e le sue Istituzioni, che però vanno ben distinti dagli uomini che medio tempore si ritrovano a rappresentarli o ad esserne investiti.
Il Parlamento latita, la magistratura latita.
Perché si aprono d’ufficio fascicoli di indagine, per ipotesi che definirei “bagatellari”, o la Procura della Corte dei Conti solleva d’ufficio l’eccezione di incostituzionalità per la legge sul finanziamento pubblico ai partiti e non accenna a sollevarla per tutti quei trattati, regolamenti, direttive, decisioni di fonte comunitaria, sino ad arrivare al recente decreto legge sulla parcellizzazione e vendita (ma direi svendita) della Banca d’Italia (e dell’oro che era dello Stato italiano e che alla stessa fa capo) per effetto dei quali si è creata e si sta alimentando una voragine incolmabile nei conti dello Stato, con serio pericolo per la stessa tenuta dell’assetto istituzionale e per l’indipendenza e il libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali dello Stato?
E perché, sempre la Procura della Corte dei Conti, non fa in modo di scoperchiare quell’ enorme vaso di Pandora che riguarda: “atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria”; atti preparatori del Consiglio della Comunità europea”; “atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni sui flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato, sull’evoluzione, la consistenza, la gestione, il risanamento del debito pubblico (…)”; “atti, anche preparatori, relativi alla emissione (…) di titoli di Stato (…)”, e potrei continuare: tutti atti cui è stato apposto il divieto di accesso con Decreto ministeriale n.561 del 1995, in deroga alla Legge n.241/1990 ?
Perché nulla hanno fatto a seguito delle dichiarazioni rilasciate da un Senatore della Repubblica (il Senatore leghista Garavaglia) nell’ottobre del 2012, in una conferenza a Sant’Ambrogio, circa il ricatto subito dai parlamentari, ai fini del voto di fiducia all’insediando governo Monti, da parte degli ispettori della BCE e di Bruxelles ?
Lo Stato è il Popolo e questo binomio è tenuto insieme dal Diritto. Al tempo stesso, la sussistenza di tale unione è garantita dalla Libertà, la quale esiste solo se e quando la Sovranità, ossia il sommo potere, appartiene al Popolo: se viene meno il Diritto, viene meno lo Stato. Se manca la Libertà, la degenerazione è verso l’oligarchia o la tirannide.
Questo è Cicerone, questi sono i principi cardine dello Stato moderno contemporaneo, che trovano il loro fondamento nella tradizione giuridica romanistica: DIRITTO ROMANO, NON ANGLOSASSONE! Lo ripeto: DIRITTO ROMANO, NON ANGLOSASSONE!
Che qualcuno lo ricordi a quei presunti “saggi” che dovrebbero fare da consulenti per la modifica della Costituzione.
Quella Carta non si cambia a piacimento! Nessuna norma di revisione costituzionale può essere in contrasto con i principi fondamentali di quella Carta, pena la modifica della forma Repubblicana dello Stato, che è immodificabile ex art. 139 Cost.
E tra quei principi, vi sono quelli che delineano la parte “economica” della stessa.
L’euro, e le politiche ad esso correlate, sono concepiti nell’ambito del contesto del pensiero economico di impronta liberistica, con esasperazione del principio della libera concorrenza. La Costituzione, tuttavia, non cita mai il termine “concorrenza”, parla piuttosto di “programmazione economica”, nell’obiettivo più alto e finale del rispetto e della salvaguardia della DIGNITA’ SOCIALE (quella che oggi viene costantemente e da troppo tempo calpestata), in un equilibrio perfetto di sintesi tra ampio spazio e garanzia della libera iniziativa economica privata e intervento pronto dello Stato a correzione delle possibili degenerazioni della concorrenza. Questo perché la concorrenza viene considerata un fenomeno da controllare e non concepita come principio fondante dell’economia e dei rapporti economici. Ciò in quanto consapevoli del fatto che la libera concorrenza elevata a dogma e, con essa, l’affermazione del principio dell’assenza di regole (nel mercato), equivale in realtà all’affermazione di un’unica regola: la legge del più forte!
Quella sintesi non fu solo teorica, ma messa in pratica sino agli anni “70.
Le cessioni di sovranità operate con la sottoscrizione di quei trattati, nonché con quelle direttive, decisioni, regolamenti di fonte comunitaria, sono incostituzionali, oltre che per la violazione dell’art. 1 e dell’art. 11 della Costituzione, anche in quanto adottati in aperta violazione degli articoli 41, 42, 43 e seguenti della Costituzione.
L’euro, e le politiche economiche e monetarie allo stesso collegate, sono diretta emanazione della fede totalitaria nel credo liberistico: la fede liberistica elevata a dogma (citando l’espressione di Maurice Allais, fisico ed economista francese poco noto ai più, ma premio Nobel per l’economia nel 1988 e liberista “pentito”).
Salvo che non si faccia riferimento alle quote di partecipazione, che vedono, con il 18%, il predominio della Germania, per il tramite della Bundesbank.
Questo non è un fatto sorprendente per lui: fa notare, infatti, che tutte quelle istituzioni che non sono assoggettate a controllo democratico, tendono a cadere sotto il controllo di interessi particolaristici e privati.
È evidente che se la BCE controlla la politica monetaria e, per il tramite della stessa, la politica economica degli Stati europei (ivi incluse le politiche di bilancio ed in definitiva la politica dei governi), e la BCE a sua volta è controllata da interessi alla stessa esterni, le conseguenze sull’integrità e indipendenza dello Stato sono innegabili.
Chi ha la moneta ha il potere: l’essenza di questo concetto è che l’enorme fonte di approvvigionamento di risorse finanziarie legata all’emissione (stampa) della moneta, nell’ambito di una concezione etica dello Stato (che nulla ha a che fare con derive filosofiche legate al concetto dell’”etica”, ma che identifica semplicemente lo Stato con il Popolo, nel pieno rispetto del Diritto e della Libertà del Popolo), quelle risorse devono spettare solo allo Stato.
E di questo era ben consapevole in Ministro Andreatta quando nel 1981 inaugurò la nuova fase della politica monetaria portata avanti dalla Banca d’Italia: lo stesso Andreatta lo riconobbe a dieci anni di distanza in un articolo a sua firma de Il sole 24 Ore del 1991. In quell’articolo, l’ex ministro ammise che per effetto di quella “virata” i ministri del Tesoro si trovarono privi delle risorse finanziarie a loro necessarie ed il debito pubblico schizzò alle stelle
E difatti: con le politiche di austerity il debito è cresciuto dal 120% al 130%.
C’è qualcosa che non va, così come c’è qualcosa (molto) che non va in certi meccanismi (come il MES) che vorrebbero “salvare” gli Stati dal debito indebitandoli di più, o che vorrebbero renderli virtuosi affossandoli nella spirale del debito (fiscal compact).
Troppi dimenticano che vi è un principio imprescindibile di Giustizia, che fa parte di quelle leggi non scritte, universalmente riconosciute, e che vengono ben prima delle leggi scritte, dal quale non è ammesso prescindere: alla fine chiunque dovrà renderne conto al proprio destino.
Questa è Europa, non populismo!
E nel nome e nel rispetto dell’identità di quei Popoli e del Popolo Italiano, citando il verso dell’Inno nazionale concludo: CHE L’ITALIA SIA DESTA!