Nessuno tocchi la Casta
Colloquio con Bruno Tinti di Gianluca di Feo
La riforma della giustizia? È diventata una paradossale lotta di classe. Perché gran parte della classe politica si batte da almeno 15 anni per paralizzare procure e tribunali. Ma è soprattutto una "questione immorale", che ha perso qualunque decenza. Bruno Tinti, fino a tre mesi fa procuratore aggiunto di Torino, ama definirsi "un cantastorie, che scrive e racconta quello che ha imparato": con un linguaggio semplice e diretto spara a zero sui programmi del governo. Tinti non è una toga rossa: piuttosto è una 'toga rotta', per parafrasare il titolo della sua fortunata opera prima, che non risparmia critiche nemmeno ai magistrati. E il suo nuovo libro, 'La questione immorale', è destinato a irrompere nel dibattito sulla riforma della giustizia, demolendo uno a uno gli argomenti del ministro Angelino Alfano. "È dai tempi di Mani pulite che la classe politica, senza distinzioni di partito, lavora per lo stesso obiettivo: conquistare l'impunità. In questi giorni ho ripensato a quando andavo in carcere per interrogare un bandito che voleva collaborare, un rapinatore o un ladro che aveva deciso di fare i nomi dei complici. Assistevo sempre alla stessa scena: mentre il pentito veniva accompagnato al colloquio, tutti i detenuti, non solo quelli che lui avrebbe accusato, lo riempivano di insulti e di minacce. L'omertà era un bene che andava difeso da tutti i delinquenti che avevano un interesse comune: l''infame' va bloccato perché sennò il sistema salta. Ecco, gran parte della politica adotta la stessa logica: non ha importanza quali sono i guai occasionali di questo o quel politico, c'è un interesse comune: l'impunità. Le intercettazioni, ad esempio, non si devono fare perché oggi può toccare a me, domani a te".
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“SE OGGI C’È UN PROBLEMA DELLA DEMOCRAZIA IN ITALIA, È PIÙ UN PROBLEMA DI PRINCIPI CHE DI ISTITUZIONI... DOBBIAMO ESSERE DEMOCRATICI SEMPRE IN ALLARME.” Norberto Bobbio, “Risorgimento”, 1958 ---- Il problema più urgente: riformare la giustizia. Separazione delle carriere, non obbligatorietà dell’azione penale, responsabilità civile dei magistrati, blocco delle intercettazioni telefoniche. Più che l’efficienza della giustizia ai politici sembra stare a cuore il controllo dei magistrati e la garanzia dell’impunità. Questo libro spiega il come e il perché. Basta togliere l’iniziativa al pm e metterlo alle dipendenze del potere politico. O gli si può togliere il controllo della polizia giudiziaria. O limitare le intercettazioni. Mentre polizia, servizi e quindi il governo per motivi di sicurezza possono intercettare migliaia di cittadini. Un enorme archivio segreto. E nessuno dice niente. In realtà molto si potrebbe fare per rendere più efficiente la giustizia. Subito. Tinti lo dimostra. E tutti lo sanno. Ma una giustizia che funzioni veramente fa troppa paura.
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