In attesa che il gip designato Pier Giorgio Morosini si documenti sull’enorme mole di faldoni (120) che costituiscono l’ossatura della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura di Palermo per il processo ormai noto come “la trattativa tra mafia e stato” mi permetto di suggerire alcune riflessioni in libertà.
Secondo la più recente ipotesi della Procura la trattativa sarebbe da datare subito dopo l’omicidio di Salvo Lima quando una volta resisi conto che Cosa Nostra faceva sul serio i politici nella lista nera di Riina corsero ai ripari.
In strettissima sintesi l’ex ministro Calogero Mannino si sarebbe attivato presso il Ros, nella persona del generale Subranni, al fine di escogitare una qualche strategia che potesse salvargli la vita e questi avrebbe così incaricato il generale Mori di trovare una soluzione concretizzatasi poi nei dialoghi con Ciancimino. Segue poi il coinvolgimento di Mancino e poi dopo la cattura di Riina anche di Dell'Utri che dialoga con Provenzano e i Graviano mentre le bombe continuano a scoppiare in continente.
C’è una interessante coincidenza tra questa ipotesi dei pm e le dichiarazioni rese dal professor nonché eurodeputato Pino Arlacchi ai magistrati di Caltanissetta in un interrogatorio del 11 settembre 2009 quando, sentito in merito ad una sua intervista rilasciata a Francesco La Licata e pubblicata su La Stampa, aveva spiegato:
“…era mia convinzione, che effettivamente Cosa Nostra nell'eseguire le stragi di Capaci e via D'Amelio avesse agito in sinergia con ambienti deviati delle Istituzioni, soprattutto del SISDE, che si trovavano in quel momento in difficoltà, poiché stavano per venir meno gli storici referenti di carattere politico ed avevano, pertanto, per così dire, "cavalcato" la reazione comunque autonoma di Cosa Nostra, pilotandola per asservire allo scopo di riacquisire quella centralità che avevano avuto nel passato. Si trattava di un'analisi - quella delle difficoltà in cui si trovavano questi ambienti istituzionali in quel periodo - che era condivisa anche dal dott. FALCONE e dal dott. BORSELLINO. Difficoltà che nascevano dall'abolizione dell'Alto Commissariato, che aveva sempre costituito il terreno fertile di questi soggetti e dalla perdita di potere della parte politica che li aveva sempre garantiti. Faccio riferimento, in particolar modo, allorquando parlo di ambienti istituzionali al gruppo del SISDE che aveva come punto di riferimento il dott. CONTRADA, ed anche qualche gruppo appartenente all'Arma dei Carabinieri che aveva nell'allora Colonnello MORI il punto di riferimento. Il Colonnello MORI ed il dott. CONTRADA mi risulta che fossero ambedue in forte contrapposizione col dott. DE GENNARO. Lo stesso non condivideva il metodo con il quale il colonnello MORI agiva in quel periodo, contrassegnato da un ricorso a confidenti e da un'azione che definirei poco trasparente. Preciso, tuttavia, che il giudizio su MORI e sui soggetti allo stesso vicini non era così negativo come quello che si aveva su CONTRADA, che ritenevamo davvero pericoloso e capace anche di compiere omicidi.”.
... continua su antimafiaduemila 'Pino Arlacchi: trattativa sì, trattativa no' di Giorgio Bongiovanni
Sai Baba, Dibattito televisivo con M. Mazzoleni, F. Polenghi, G. Rosa...
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ACCADEMIA DELLA LIBERTA'
18 minuti fa
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