Un neoliberismo di merda
Viviana
Hanno tanto propagandato un neoliberismo che avrebbe portato ad un mondo migliore, con più lavoro e più benessere per tutti, meno miseria e meno disoccupazione, che tutti ci sono cascati, e anche chi sperava in una rivoluzione proletaria o in una socialdemocrazia nordica o in una democrazia allargata e partecipata ha ceduto alle sirene del mercato, ad una presunta libera concorrenza che si autoregolasse da sola, ad un crescente progresso generalizzato, a guadagni facili e rapidi ottenuti con metodi dubbi e discutibili, e ha messo lo scopo della sua vita nella speranza di possedere di più, di avere maggior potere sugli altri, di moltiplicare i propri desideri, imitare i vizi delle classi abbienti e trasgredire la legge pur di soddisfare voglie meschine.
E il piacere e il possesso sono diventati i massimi Dei.
In loro nome si sono spacciate autentiche sciagure, come le guerre di esportazione di democrazia, la delocalizzazione del lavoro, l’abbattimento delle norme di tutela dei lavoratori, l’annientamento dello stato sociale, la corrosione dei diritti costituzionali, la distruzione del pianeta, il cambio climatico, la schiavizzazione, la speculazione borsistica selvaggia, il sostegno dei gruppi bancari alle guerre e al crimine, la fine dei diritti democratici, il moltiplicarsi della miseria e della disoccupazione…
Come in queste condizioni sia possibile che le masse votino ancora per i loro aguzzini resta un mistero che solo il plagio delle coscienze, la manipolazione mediatica e la corsa al potere e al possesso possono spiegare.
Ma quando in uno Stato non c’è altro e non si parla d’altro, quello Stato ormai è moralmente e legittimamente finito. Non esiste più la Democrazia.
E il potere di fare la legge o di gestire l’economia o di amministrare la religione diventa un potere senza più diritto, senza più carisma, senza più giustificativo etico e sociale che ne legittimi l’esistenza. Diventa Potere e basta e dunque sopruso fine a se stesso.
Ma quando il potere si scopre nudo nella sua essenza più feroce e insensata, quando serve solo a mantenere la propria forza e a coprire i propri abusi, allora, sia esso laico, politico, economico o religioso, può essere solo rigettato dalla compagine sociale.
L’egoismo arido e cinico, la mancanza di partecipazione sociale, la caduta di valori e di ideali e l’assenza di empatia verso chi sta peggio sono diventati le regole di una vita sciagurata e fine a se stessa che le classi egemoni hanno presentato come modello abietto del vivere e che le classi subalterne hanno cercato di imitare senza riuscire a produrre anticorpi durevoli ed efficaci contro i danni conseguenti. E’ stata una vera contaminazione distruttiva.
In questo declino dissennato di ciò che rende onorevole un’esistenza e lodevole una Nazione, né i partiti né le religioni né le ideologie laiche né i gruppi economici sono riusciti a costituire un polo di luce a cui ispirarsi, anzi sono cresciuti i tentativi dei malviventi del potere di feudalizzare lo stato, unificare le opposte fazioni nei privilegi e negli abusi, creando sempre nuove impunità a favore di pochi e sempre nuove disparità per i soli potenti, allargando il solco tra la cricca che comanda e il resto del popolo, uccidendo al contempo futuro e democrazia, fino alla dissoluzione dello Stato stesso.
Col neoliberismo, il corpo sociale ha perso via via qualsiasi significato di merito che lo tenga unito, non più la religione, la chiesa, la patria, i valori civili, il senso di umanità, l’appartenenza a una nazione o a una etnia, la speranza nel futuro o nel progresso, solo sporadici tentativi di agglomerare le masse sulle voci dell’odio, della paura, del vizio, dell’egoismo…
Ma egoismo più paura non fanno uomini, fanno bestie.
La classe operaia non va più in paradiso. Non va più da nessuna parte. Non va più nemmeno al suo posto di lavoro quando è stata licenziata per ingiusta causa e non più reintegrata dal giudice. Quest’epoca ha deciso che la classe operaia va al cesso. Ma le ha tolto anche il cesso.
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